Noyz Narcos (LaPresse) 

i massicci del rap

Noyz Narcos non invecchia. Ascoltate la scossa memorabile di "Virus"

Stefano Pistolini

A fine 2021 Marracash e adesso l'ex Truceklan, due splendidi quarantenni con due splendidi album. Quello del figlio della Roma underground è un lavoro di gruppo, con le partecipazioni dell'aristocrazia del rap italiano. E oltre ai soliti temi, ora c'è anche l'orgoglio e il rimpianto

Il ritorno dei massicci. I pesi massimi del rap hanno ristabilito il loro dominio. Nel giro di un mese due album bastano per ridefinire le gerarchie dell’hip hop italiano, facendo impallidire cinque anni di impalpabilità trap e la galleria di spesso improbabili figure che l’hanno cavalcata. A fine 2021 Marracash e adesso Noyz Narcos: due splendidi quarantenni, con altrettanti album, “Noi, Loro, gli Altri” e “Virus”, che restituiscono al classic rap la prevalenza nell’ambiente, grazie alla potenza del loro impatto e alla densità di significati. Ed è impressionante la consacrazione di cui, nel giro di poche ore dall’uscita del disco, è oggetto Emanuele Frasca, in arte Noyz Narcos, per il potere emotivo che trasuda dalle tracce di “Virus”, che completa il ritorno artistico appena qualche settimana dopo la pubblicazione su Amazon Prime di “Dope Boys, Alphabet”, il film di Marco Proserpio che ricostruisce il suo percorso, col contributo di preziosi repertori d’archivio.

 

 

Per mettere Noyz nella scena del presente bisogna risalire indietro fino all’inizio del millennio, quando a Roma l’old skool dell’hip hop viene sfrattata dall’irruzione di una masnada di rapper giovani con uno stile diverso, spogliato di americanismi, intriso di punkitudine, deciso a coniugare scandalo e realtà. Prima si fanno chiamare Truceboys e come tali ci lasciano un grande album (“Sangue”, 2003). Poi Truceklan anch’essi capaci di un solo prodotto discografico (“Il Ministero dell’Inferno”, 2008), ma responsabili di dozzine di eventi live, indimenticabili per chi aveva preso a credere nel “clan dei ragazzi coi problemi”. Erano in tanti: Gel, Cole, Metal Carter, Chicoria, Dj Kimo, e di loro presto lo smilzo Noyz Narcos diviene la figura più amata e popolare, prima che tutto sprofondi in un casino di disorganizzazione, stravizi e persecuzioni. Diventando adulti alcuni di loro si sono eclissati, altri hanno provato a continuare da soli, ma proprio il personaggio apparentemente più fragile e a rischio, appunto Noyz, si è rivelato il più solido, longevo, quello sempre convinto di fare della musica la traiettoria della sua vita. Mentre il suono attorno si evolveva e si modificavano anche gli intenti degli ultimi arrivati, seguendo le sirene di un mercato che aveva scoperto questa miniera d’oro, Noyz è rimasto uguale a se stesso, al proprio stile, agli argomenti, al suo modo d’essere. E oggi lo ritroviamo intatto in queste tracce, dopo aver traversato un’epoca musicale lunga un decennio senza subire gli insulti del tempo e gli effetti dell’invecchiamento.

 

Le immagini di “Dopeboys” lo raccontano senza mediazioni: adesso Emanuele si guarda bene dallo scimmiottare i ragazzini, ma pretende d’essere ciò che prima non sapeva definire, ovvero un leader e un artista maturo, sebbene insidiato da incertezze e stanchezza, però pacifico e deciso nel suo intento, che resta sempre quello di rappresentare lo spirito della strada. Dopo la bizzarra decisione di trasferirsi a Milano (che ci fai a Milano, Noyz?), proprio lui che della Roma underground ha rappresentato un’essenza estrema (“ragioni di lavoro”, si giustifica) e magari senza lo slancio incosciente degli inizi, Noyz torna con un album così carico di ritmi e contenuti da costituire una sensazione immediata. “Virus” è un lavoro di gruppo, di cui Noyz Narcos è la voce e il volto. Dietro sono in tanti a sostenerlo: prima di tutto il gran lavoro produttivo di Night Skinny – e di Greg Willen – e poi le partecipazioni dell’aristocrazia del rap italiano di varie generazioni, da Metal Carter a Sfera Ebbasta, da Franco 126 a Coez, poi Ketama, Guè, Sine, Gemello, fino a giovani leoni come Rasty Kilo, tutti al seguito della versione addizionata di Noyz Narcos, più gangsta che mai, con i cameo di un paio di vecchie rap star americane come Raekwon (Wu-Tang Clan) e Cam’ron (Dipset), maestri di cerimonie in due preziosi skit.

  

 

I temi sono i suoi abituali: l’amicizia, la lealtà e il tradimento, la vita violenta, la brutta fine, le tracce del passato. Gli stessi dei tempi del Truceklan, ma adesso con più orgoglio e alcuni rimpianti. Vige la volontà di non cambiare, di fare il rap truculento, seppure in un paio di occasioni Noyz s’azzardi perfino a occuparsi d’amore. “Parlo de sta robba sennò me moro” spiega all’inizio. Con un disco così affibbia una scossa memorabile alla nostra scena e nella più imprevedibile delle direzioni: conosci te stesso, non perderti in sciocchezze. Anzi, “non disunirti”, come si dice nel film più chiacchierato del momento. E via col finale picaresco di “Verano Zombie (parte terza)” che per gli appassionati è il ritorno di una grande sagra della dannazione. Culminante nell’assurdo coro dei morti viventi: “Merda Truce sempre / fino alla morte”.

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