Screenshot dal video della canzone !ly, di thasup con Coez (Screenshot da Youtube) 

campionario supremo

Il nuovo disco di thasup, che scioglie il formato autoriale in un pop fluido per tutti i gusti

Stefano Pistolini

Noto prima come Tha Supreme, Davide Mattei canta come facevano i Gorillaz: si è scelto un avatar-cartoon, un po' infantile e un po' south park. Il suo ultimo lavoro va oltre i classici schemi, che smonta dalle fondamenta, nonostante un formato apparentemente obsoleto. È già diventato campione di vendite e di classifiche

In fondo una faccia è una faccia. Chissà perché alcuni dei migliori musicisti italiani degli ultimi tempi hanno sposato la ritrosia di non mostrarsi, proprio in questo tempo di ossessione per l’immagine e il contagio da stories. Faceva così Niccolò Contessa una decina d’anni fa, quando debuttò e fulminò coi Cani, infilandosi un sacchetto di carta sulla testa, e lo tenne lì fin quando è diventato grande e s’è stufato di giocare. E fa così Davide Mattei, noto prima come Tha Supreme e adesso semplicemente thasup, che si sceglie un avatar-cartoon, come facevano i Gorillaz, ma il suo in un formato volutamente più infantile e south park. Comunque, a dispetto di questo eccesso di (rispettabile) riservatezza, thasup sforna successi e il suo secondo album “c@ra++ere s?ec!@le”, carattere speciale, è diventato un caso già all’uscita, facendo gridare da più parti al miracolo, soprattutto per la lampante presa, per la connessione immediata che l’artista sa stabilire col suo pubblico, in una specie di riconoscimento reciproco istantaneo, che va ben oltre lo slang. 

 

Campione di vendite e dominatore delle classifiche nel giro di poche ore, l’album di thasup induce un paio di riflessioni: la prima delle quali riguarda proprio il formato apparentemente obsoleto dell’album, con la sua lunghezza e le sue preconcette esigenze strutturali, che invece Davide smonta dalle fondamenta, rinunciando a qualsiasi visione unitaria – “autorale”, dunque – e privilegiando invece l’interpretazione “produttiva”, basata sulle collaborazioni e i relativi e secchi slittamenti di genere che esse inducono, con un soprendente approccio “Zelig”.

L’album diventa allora un campionario, nel quale ciascun ascoltatore potrà a proprio piacimento pescare gli articoli preferiti, quelli vicini alla sua sensibilità, nella certezza che nelle venti tracce ce ne sia per tutti i gusti. A noi, per esempio, volenterosi voyeur fuori età, ci sono piaciuti innanzitutto il featuring del veterano Coez, che trasforma “!ly” in un classico istantaneo del pop romantico, e poi l’inatteso Tiziano Ferro che in “r()t()nda” gioca a fare il ghetto rapper con tanto di versetto capolavoro “No props ai fake bro / Non stoppo ’sto joint”, che potrebbe aver fregato al nipotino. E poi perfino i Pinguini Tattici Nucleari che in “r!va” diventano un’entità electro-minimal, o Salmo (“Cas!no nella m!a testa”), duettando col quale Davide assapora il gusto del rap vecchia scuola.

 

 

Tutto molto bene ma, nel complesso, in questo divertente caravanserraglio thasup dov’è? Beh questo è un autentico scrupolo espresso da una tipica mentalità residuale di scene ormai rimosse e smontate. Perché thasup è disciolto in questo lavoro come fosse uno sciroppo, un collante, perfino il filosofo di una musica “dopo” le personalità, sospesa sulla rapida replica di un modello, realizzato (anzi: prodotto – è sempre quella la parola-chiave), subito mandato in orbita, intercettato e consumato, mentre già si è altrove. Ecco: questa palpabile, irrequieta velocità del giovanissimo (21) Mattei da Fiumicino è la prerogativa che ci affascina di più, la sensazione che lui e i suoi in questo momento siano dappertutto nella musica, in quella del presente e del passato, l’abbiano assorbita e ci nuotino dentro, risputandola sotto forma di un album come questo, al tempo stesso inafferrabile e piacevolissimo. 

 

Il futuro inevitabilmente – sono prezzi da pagare – finirà per stabilizzare la presenza di thasup e perfino la sua figura, quella vera, oltre il cartoon. Il tempo passerà, per lui emergerà il desiderio di cambiare quadro, per esempio di suonare davanti a un pubblico (per la presentazione di questo disco c’è già stato a Milano un timido tentativo di affacciarsi) e allora i parametri saranno diversi e perfino la definizione di uno stile e di una personalità artistica interamente sua sarà possibile e, in un certo senso, inevitabile. Ma questo attimo fluido, nel quale un musicista così forte da potersi permettersi la bidimensionalità conquista il mercato, il successo e l’attenzione di diversi pubblici, va sottolineato e fotografato. C’è tanta roba nella musica italiana del presente, ci sono figure tradizionali, esperimenti e ci sono dei casi particolari (laboratori, verrebbe da dire) come thasup, dove le definizioni scarseggiano, le sorprese fioccano, perplessità ed entusiasmi si sovrappongono. 
 

Di più su questi argomenti: