giornata della memoria
La musica per evadere dal dolore. Un corpus di 8mila partiture scritte nei campi di concentramento
È da anni che Francesco Lotoro raccoglie, studia e ripropone spartiti composti nei lager nazisti: "Cerco di trasformare quello che è memoria in letteratura, usufruibile da tutti"
"Quando ho iniziato la ricerca, l’obiettivo era ampliare il mio repertorio: cercavo materiale poco conosciuto da poter studiare e poi suonare”. Parla Francesco Lotoro, pianista, compositore e direttore d’orchestra. La formazione al Conservatorio “Piccinni” di Bari. Il perfezionamento all’estero. Tanti concerti, tante anche le difficoltà che la carriera musicale presenta. “Un vero artista è un ricercatore teso a espandere i suoi orizzonti, provare strade non battute. Avevo un desiderio di novità che pensavo circoscritto all’ambito pianistico”. E’ il 1988 e Lotoro si imbatte in alcune partiture di compositori di origine ebraica. “Al di là dell’origine, mi ha colpito la qualità delle prime partiture che avevo tra le mani”. Vera musica che Lotoro studia, inserisce stabilmente nei suoi recital, cercandone altra. Nel giro di pochi anni, dopo qualche viaggio e alcune giornate a sfogliare fondi di biblioteca, capisce di essere di fronte a qualcosa di grande. “Mi trovavo di fronte a musica appartenente a tutti i gruppi sociali coinvolti nei terribili fatti della Seconda Guerra Mondiale. Un corpus enorme per quantità, respiro, e varietà”. La ricerca del pianista abbraccia circa vent’anni, dal 1933, quando sale al potere in Germania il Partito nazionalsocialista, al 1953, anno della morte di Stalin. Con l’approfondirsi del lavoro, il musicista ritrova spartiti scritti non solo da ebrei ma anche da cristiani, sufi, rom, soldati di tutte le parti in guerra. “Il conflitto ha prodotto migrazioni, ridisegnato confini, creato centinaia di campi di concentramento; ha coinvolto nazioni con le loro colonie e le diverse popolazioni. Venti anni di musica, un’infinità”.
In questo modo, Lotoro mette in crisi il modello accademico di musicista e pianista ma soprattutto ridisegna la storia della musica del XX secolo. “Oltre ottomila partiture ritrovate e catalogate: questa non è più una curiosità ma è una vera e propria letteratura nata in qualsiasi campo di concentramento che arriva a noi in maniera non convenzionale. Io cerco di trasformare quello che è memoria in letteratura, usufruibile da tutti”.
Il tentativo del musicista è quello di rendere quotidiana la memoria, non relegarla a giornate che spesso scadono nella retorica. Lotoro in questi anni ha incontrato sopravvissuti ai campi di concentramento e parenti. Ha esaminato fondi di biblioteche di mezzo mondo sino a fondare nel 2014 a Barletta “La Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria”, nata allo scopo di tutelare e valorizzare questo patrimonio. Ma perché un uomo in queste condizioni dovrebbe scrivere musica? “Più l’uomo soffre e più desidera lasciare un segno concreto nella sua vita – continua il maestro – quando non si possiede nulla si dona il proprio ingegno. L’uomo di fronte al dolore ha due grandi scelte: o combatte o canta. Spesso fa entrambe le cose. Nella mia ricerca ho ritrovato canzoni di panettieri, calzolai e di grandi musicisti. Persone di nazionalità e classi sociali diverse. L’Europa unita degli uomini è nata nei campi di sterminio. Occorreranno tantissimi anni per accorgersi della portata di questo fenomeno”.
Oggi, mentre ci apprestiamo a celebrare la Giornata della Memoria, nel campo accademico e dell’alta formazione artistica e musicale in pochi prendono in esame questa musica. “Si esegue forse il sei per cento di tutto il materiale ritrovato”, dice Lotoro. “In questo periodo sono subissato dalle richieste di musica o di concerti. Terminate le celebrazioni, cala il silenzio. Ho messo a disposizione di tutti il repertorio: durante l’anno non ricevo nessuna richiesta. Eppure è musica che si spiega da sola. Il dolore nelle partiture si legge in filigrana. C’è musica mediocre, c’è ottima musica e ci sono tanti capolavori. Ci sono canzoni, partiture per tutti gli strumenti, opere per piccoli e grandi organici con una intensità paragonabile a quella di Wagner e Puccini”.