Il nuovo disco di Giovanni Truppi, alla ricerca della felicità
Ecco "Infinite possibilità per esseri finiti". Il privilegio e il senso di colpa, “vero coautore dell'album”, la nostalgia e i ricordi, da mettere via come la legna per l'inverno. E una immaginaria scalata al Pd. Intervista
Lord Byron diceva che il ricordo della felicità non è più felicità, mentre il ricordo del dolore rimane sempre dolore. Però quel dandy insofferente era nato azzoppato nella "stretta isoletta" al di là della Manica, e forse questo ha avuto il suo peso. Ascoltando Infinite possibilità per esseri finiti, il nuovo album di Giovanni Truppi, non pare affatto che sia così. La felicità è anche nel suo ricordo, fatto di cose piccole: la gatta che partorisce, i riccioli della tua ragazza attraverso il vetro di una piscina, una giornata senza niente da fare col temporale alle spalle. Sono attimi, frammenti. E Truppi ha il dono, quello che hanno certi poeti dal fascino meno tenebroso di Byron, della semplicità. Gli basta dirci come se la immagina - “con le ali” e “piena di misericordia, senza nessuno da battere e niente da dichiarare, chiara, come l’arrivo dell’ora legale” - ed eccola lì, la felicità. La memoria di un attimo si raddensa in fondo allo stomaco. “Quando ne parli troppo svanisce, funziona molto meglio fermarsi nei paraggi”, dice Truppi. “Perciò il ricordo è più affidabile rispetto al sentire: è un certificato. Per mia indole e professione mi trovo a confrontarmi con i ricordi, a pensare che è bello metterli da parte, un poco come la legna per l'inverno”.
C'è una sottile nostalgia che scalda in questo disco, che lui definisce un’equazione (o un enigma) la cui soluzione è la vita. Un concept album all'epoca dei singoli: fuori dal comune come il suo autore, uno dei migliori della sua generazione. Napoletano in fuga (“Mi manca la dimensione potente di quella città. Lo scudetto? Mi farebbe piacere ma il calcio mi sta antipatico”). Dopo un lungo soggiorno nella (ex) borgata romana di Centocelle – di cui gli piaceva tutto, dice, le case basse e il cielo vicino –, da quattro anni Truppi vive a Bologna, per amore. E canta: E già mi sento abituato a un’altra vita. E a volte cammino e sento su qualcuna che passa il profumo che usava la mia prima fidanzata. E mi sembra che il passato si mischi col presente. Un viaggio nello spazio – arricchito da registrazioni ambientali; chiacchiere, clacson, voci di bambini - e nella mente del cantautore, nel flusso di pensieri e incertezze di uno che ha appena compiuto quarant'anni. “Una tappa che mi metteva più ansia da prestazione prima, quando la sentivo arrivare e volevo trovare le risposte. Ora sono più a mio agio con il fatto di essere pieno di dubbi”. Tra loro quelli che riguardano il privilegio e il senso di colpa, “il vero coautore dell'album”, dice, prodotto con Marco Buccelli e Niccolò Contessa (I Cani). “Lui e la sua inutilità: è una grande forza di gravità che ti tiene fermo, il senso di colpa”.
E poi anche l'impegno, il come si vive in una comunità. “Il disco si conclude con una serie di domande inevitabili ma senza risposta. Il solo fatto di porsele però ti fa tendere verso qualcosa”. In un brano Truppi tira in ballo anche il Pd: propone di scalarlo. La struttura c’è, le sedi pure, gi àaffittate. Piano piano ce lo prendiamo da mano a questi e cerchiamo di capire. Dopo l'effetto Schein, l'effetto Truppi. “E' una provocazione, ma a un partito chiedo questo: più opportunità di fare comunità”.
E poi c''è il tema della nostra finitezza, il rapporto con la morte, “grande rimosso della nostra epoca riportata nelle nostre vite da guerra e malattia. Il mio lavoro è intercettare le cose dentro e fuori di me: ed eccola qui”. Almeno hai smesso di fumare o continui a promettere “smetto un’altra volta”? “Ho smesso! Questa settimana è un anno”. Si nasce e si muore, cercando la felicità.