metamorfosi
Inafferabile Venerus: “Il Segreto” è il miglior disco pop dell'estate
Con il suo nuovo album il cantautore milanese sfoggia tutta la sua originalità e voglia di sperimentare. Il risultato è un'opera complessa, difficile da definire ma di livello assoluto
Venerus con “Il segreto”, suo secondo lavoro di lungo formato, pubblica quello che è certamente il migliore album italiano di questa estate ’23, ma anche un’opera difficile da definire e inscatolare, per molti versi inafferrabile. Meglio perciò partire dai fatti, che raccontano di prove e registrazioni realizzate nella sua casa-studio di Milano Bovisa, con approccio altamente analogico, basico e “live” – tutti in cerchio a suonare, in sostanza – e col contributo di un gruppo di eccellenti musicisti (fatto oggi non banale), guidati dal chitarrista-produttore Filippo Cimatti. E poi di un tour, tutto in controtendenza con quello che ha promosso il disco d’esordio, l’ambizioso “Magica Musica”, e dunque spogliato dell’affascinante teatralità hippie che l’aveva contraddistinto, dei parafernalia fiorati di quel set che faceva della metafisica e dei tempi lenti la propria essenza. Stavolta invece Venerus, comunque mai scevro dall’arte della rappresentazione, ha sposato il minimalismo totale, tutto suono e canzoni, tutto voci e strumenti, tutto forza dei pezzi e qualità dell’esecuzione. Alla base della metamorfosi dunque c’è questo album, in cui l’artista testimonia la sua crescita come compositore di melodie inconsuete che sovente si avviano per strade inattese, e anche come autore di testi particolari per i modi in cui declinano alcuni temi ricorrenti della musica italiana, qui svolti sempre in una chiave intima, confidenziale e speculativa, come di rado ormai ci capita di incontrare.
Sul tutto galleggia la stimolante difficoltà nel provare a collocare la musica di Venerus: nel tentativo di farlo, abbiamo sentito nominare Battisti e Prince, Battiato e Lenny Kravitz, perfino i Beatles che per sua stessa ammissione gli piacciono tanto, ma alla fine sono tutte ipotesi velleitarie e celibi, perché in realtà il suo canzoniere sta un po’ da un’altra parte – e in questo ci ricorda la sensazione che, nel suo momento di maggiore ispirazione, ci trasmise l’ottimo Neffa. Il fatto è che “Il Segreto”, presentato da Venerus come frutto della sua continua collaborazione con Cimatti, è il prodotto di un lavoro d’insieme ormai già arrivato a una fase assai evoluta. Dunque è un suono nel quale è necessario calarsi un po’ alla volta, assumendone progressivamente le intenzioni e le atmosfere. Tutti i pezzi, nessuno escluso, contengono infatti un principio di maturità che equivale a parlare di raffinatezza, intelligenza, sintesi, originalità. E poi si percepisce una componente ambientale mai apertamente denunciata, eppure onnipresente nelle tracce del disco: una Milano sospesa, contraddistinta non tanto da un fattore identitario, quanto dal caso che ha condotto in questa sensibile città delle storie di vita e dei percorsi diversi, che qui hanno trovato l’ambiente, la temperatura, le condizioni per trasformarsi in un sodalizio.
Infine qualcosa va detto su quello che è il vero fattore dominante dell’album, ovvero sulla vocalità di Venerus e sul suo stile. E anche qui, sul piano descrittivo, l’operazione equivale ad arrampicarsi sui vetri, perché coi suoi toni caldi, sovente mormorati, a volte in falsetto, altre miagolanti, Venerus padroneggia una tavolozza espressiva davvero vasta, con la capacità di passare da un set timbrico all’altro con naturalezza, dando la sensazione di una profonda competenza nelle selezioni per le quali opta di volta in volta, oltre a una divertente predisposizione per delle scelte inconsuete. Insomma ascoltare “Il Segreto” equivale a partecipare a un laboratorio evoluto e cosparso di coolness sul tema della canzone italiana contemporanea, con al centro un personaggio inedito e da esplorare, con diversi contributi strumentali tutt’altro che scontati. Tra l’altro in almeno un paio di pezzi riaffiora qualcosa a cui avevamo praticamente rinunciato, almeno in chiave pop: dei pregevoli, per quanto sbrigativi, assoli di chitarra, a commento e a dialogo col melodioso gorgheggiare di Venerus. Ebbene, funzionano egregiamente, e del resto li facevano, se appunto ricordate, anche i già citati Beatles, col gusto di riaprire dei livelli dismessi nell’architettura di una canzone. Ecco: se alla fine c’è una parola che viene voglia di usare, per raccontare questo pregevole lavoro, è proprio “rinnovamento” – capacità di tornare a pensare e a escogitare, con tutta la dinamica e la voglia di metterci del proprio, attorno a un prodotto, delicato e fragile come la canzone da tre minuti. Venerus ha le carte in regola per suggerire diverse strade in questa direzione. Forse il suo segreto è proprio questo.