Foto LaPresse

all'Ariston

I duetti risvegliano Sanremo. Altra serata interminabile ma con qualche perla

Stefano Pistolini

L'ipnotico flow di Geolier e la celebrazione di Angelina Mango della musicalità del padre sono tra il meglio del venerdì al Festival. Il primo posto morale però va a Ghali

E Il venerdì ecco i duetti, sempre benvenuti in quanto divertenti, ed ecco le cover con le quali Sanremo diventa il festival del “ndo coglio coglio”, scusate il francesismo. Comunque atmosfera più frizzante dei giorni precedenti, con l’apparizione di tante facce nuove e, nonostante Amadeus ormai s’atteggi sempre più a maggiordomo della manifestazione, anziché a suo cervello e mentore, - e perciò salamelecchi a destra e a manca, al principe Alberto come ai cani-poliziotto che alla vigilia del Festival mandarono a monte la cena di gala per un annuncio-bomba farlocco, che con quei nasi non si sa cosa potevano scovare – e si parte in allegria.

In questa Sanremo che Ama conferma avere un gran bisogno di sicurezza, la rassegna è stata interminabile ma con alcune perle che ricordiamo, a nostro modesto giudizio: a cominciare dalle due figure che dominano questa edizione fin dall’inizio, l’umile prodigio del rap partenopeo Geolier e l’annunciatissima Angelina Mango, altra artista spuntata da quella scuola di formazione particolare che da tempo è “Amici” di Maria De Filippi, che, sia pure con meno glamour, ha certamente sfornato più talenti di X-Factor. Il medley di Geolier con Gué, Luché e Gigi D’Alessio ha confermato la caratteristica ipnotica del flow di questo rapper, che è certamente la cosa più nuova vista negli ultimi anni nella scena italiana. Mentre Mango ha scelto di celebrare l’angolare musicalità del padre e nel farlo ha commosso il pubblico in sala e a casa, che ormai l’ha eletta a beniamina, al punto che è difficile pensare che stasera le possa sfuggire la vittoria finale.

     

Angelina Mango (foto LaPresse)
   

Per il resto si sono dimostrati di livello i duetti di Annalisa-Rappresentante di Lista, che hanno rifatto a tutta ugola una notevole versione di “Sweet Dreams” degli Eurythmics e di Rose Villain-Gianna Nannini, sgangherate ma vitaminizzate in un medley di pezzi della cantautrice senese. Sono stati bravi Fulminacci e Gazzelle, proponendo un’affettuosa e soffice versione di “Notte prima degli esami” di Venditti, che resta un pezzo enorme, e Loredana Bertè, che ha continuato a mordere il Festival rifacendo se stessa edizione-1984, quando con Ivano Fossati aveva ripescato “Ragazzo Mio”, gioiello di Luigi Tenco: quarant’anni dopo rieccola, sottobraccio a Venerus in versione chitarrista, e l’esecuzione è stata splendida. Di sicuro si è fatta notare la sconosciutissima cantante spagnola Aitana, che Sangiovanni ha portato sul palco per cantare “Farfalle” e che ha stuzzicato il testosterone del maschio italiano in quel momento impegnato a sbucciare la pera di fronte al teleschermo: sarebbe stato interessante ascoltare il coro dei cinque milioni di commenti, mormorati o solo pensati, al suo apparire in miniabito mozzafiato.

Ma se dobbiamo assegnare il primo posto morale a un artista per questa serata, ne scegliamo uno che negli ultimi tempi si è perduto per strada ed è un peccato mortale: Ghali, praticamente sul palco da solo, che per una volta si è tolto le creazioni-design di Margela ed è tornato dove ha cominciato, cantando un medley di “Baina”, “Cara Italia” e de “L’italiano” di Toto Cutugno, facendolo con convinzione e concentrazione e riportandoci alla mente gli esordi folgoranti, quando il suo personaggio raccontava una storia importante per l’Italia contemporanea e la sua voce la trasformava in un prodotto artistico che non aveva precedenti. C’è da augurarsi che quello di ieri per lui non sia il ballo di una sola sera.

Di più su questi argomenti: