musica a parole

Bowie e C.S.I. Due libri che svelano le vite del Duca Bianco e di Ferretti & Co.

Stefano Pistolini

Letture musicali da non perdere: “Bowie a Woodstock” di Guido Michelone e Corrado Rezza e “CSI – E’ stato un tempo il mondo” di Donato Zoppo

Una buona notizia è che in Italia, senza complessi d’inferiorità, si pubblicano ora un buon numero di libri di musica – non traduzioni, ma titoli originali – dedicati a temi non necessariamente nostrani, ma riguardanti artisti e scenari del firmamento pop internazionale. E’ il caso di un volume appena uscito per Arcana, “Bowie a Woodstock”,  scritto a quattro mani dal saggista Guido Michelone, che insegna Storia della musica afroamericana a Milano e Corrado Rezza, dj e produttore oggi residente a Miami, uniti da una comune passione: David Bowie. Facile domandarsi se, a fronte della copiosa pubblicistica dedicata al Duca Bianco, ci fosse spazio per un altro volume, ovviamente “di minoranza”, viste le sontuose operazioni editoriali dedicate a questa superstar. E la risposta è affermativa, allorché s’individua il congegno ideativo all’origine di questa pubblicazione, che costituisce un savio esempio per coloro che stiano masticando iniziative di questo genere: il trucco è circoscrivere l’oggetto di osservazione e il campo di azione, isolare un segmento particolare della vita o della produzione dell’artista in questione e approfondire con tutta la ricchezza di particolari possibile tutta la massa aneddotica, tutta la raccolta di elementi inediti, l’esposizione del soggetto prescelto (ricordate lo splendido saggio che il critico Greil Marcus dedicò all’analisi di una singola canzone, “Like a Rolling Stone” di Bob Dylan, nell’omonimo volume?). Che è ciò che fanno Michelone e Rezza guardando a David Bowie, non nella monumentalità del suo impianto produttivo, ma limitandosi a studiare un risvolto apparentemente marginale nella sua biografia, a prima vista addirittura incongruo: la decisione di comprar casa e risiedere per parte dei suoi ultimi anni di vita non nel cuore pulsante di New York, al 258 di Lafayette Street, bensì nella parte settentrionale dello stato di New York, per la precisione a Woodstock, la cittadina resa celebre dal festival del 1969, rinomato buen retiro per artisti e creativi, in quello che è, come recita il sottotitolo del libro, “la natura più hippie del mondo”.

Per chi abbia amato Bowie nei suoi principali periodi eroici, quello londinese di “Ziggy Sturdust” e il successivo berlinese degli Hansa Studios, sarà una sorpresa scoprire che l’ultima versione della star, quella americana, meno musicalmente coinvolta e contraddistinta da una produzione più rarefatta, si spingesse a prediligere uno scenario così bucolico e antidivistico, dove la privacy è sacra e i ritmi sono rallentati. Il fatto è che, proprio leggendo un libro come questo, emerge un personaggio-Bowie più complesso dell’istrione musicale che siano abituati a celebrare, con interessi che spaziavano lontano dalla musica e con una vita familiare, grazie alla dinamica armonia stabilita con la consorte Iman, che lo spingevano a cercare stimoli alternativi e ambientazioni diverse. Un ritratto tracciato in modo originale, grazie alla struttura del saggio: una trentina d’interviste con musicisti, critici, collaboratori, amici, conoscenti e semplici residenti di Woodstock, che in quegli anni hanno incrociato il cammino di Bowie e che con lui hanno avuto modo di parlare, magari davanti a un caffè, delle motivazioni di una scelta del genere e dei meccanismi esistenziali e creativi che avrebbe messo in movimento. 

A un metodo d’indagine non lontano s’ispira un altro volume che vale la pena di segnalare, in particolare se vi è cara la figura di Giovanni Lindo Ferretti: “CSI – E’ stato un tempo il mondo” (Aliberti) di Donato Zoppo, ricostruisce la gestazione di un album particolare, “Ko de mondo”, che si colloca allo snodo tra la fine dei CCCP e la nascita dei CSI, il Consorzio Suonatori Indipendenti con cui Ferretti e Zamboni fanno prodigiosamente ripartire la loro avventura musicale nel 1993, con uno scarto che contiene motivazioni psicologiche, artistiche e anche politiche. Per registrare il disco, i due artisti, insieme ai tre fuoriusciti dall’entourage-Litfiba – Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali – si ritirano in una proprietà chiamata Le Prajou a Finistére, in Bretagna e qui, appunto alla fine del mondo, procedono all’elaborazione intellettuale e musicale di un lavoro destinato a incidere in profondità nel percorso della musica italiana. Zoppo traccia minuziosamente la vicenda, col contributo dei suoi protagonisti e con il corredo di materiale fotografico inedito, e al lettore viene offerta la possibilità di indagare il senso più intimo di questa produzione. Il volume è completato da una bella introduzione del critico Federico Guglielmi. 

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