Gli Oasis - foto LaPresse

Quindici anni dopo

La morning glory di una pace tra fratelli: verso la reunion degli Oasis nel 2025

Stefano Pistolini

I Gallagher potrebbero aver smesso di litigare e la band potrebbe ricomporsi dopo un lungo periodo di pausa: sono queste le speranze che un criptico messaggio di Liam ha accesso in milioni di fan. Ecco cosa sappiamo

Pochi giorni fa Liam Gallagher, uno dei due fratelli – l’altro è il maggiore, Noel, 57 anni, sei più di lui – che hanno dato vita agli Oasis, la band più amata dai britannici nell’ultimo mezzo secolo, ha postato sui social un messaggio in codice che ha fatto rizzare le antenne alle legioni di fan vecchi e nuovi in perenne attesa dell’“evento”: “Non mi è mai piaciuta quella parola ‘EX’’”, ha scritto, ovviamente riferendosi, al suo essere puntualmente definito come “l’ex cantante degli Oasis”, la band che dal 2009 non esisteva più perché l’odio era deflagrato in casa Gallagher e Noel e Liam non perdevano occasione di gettarsi reciprocamente fango addosso. Prima di addentrarci nella elettrizzante cronaca delle ultime ore, una cosa va spiegata: ancora, e nonostante tutto, nella cultura popolare d’Oltremanica ci sono dei fattori passionali che vedono ingigantirsi il proprio peso e significato nell’esperienza e nella descrizione della vita di una persona qualsiasi. Si può trattare del tifo, ben oltre i limiti della fedeltà, per una squadra di calcio, o può essere l’amore ben al di là di qualsiasi transfert estetico o contenutistico per una band, siano i Beatles, gli Stones, i Jam, i Blur, o soprattutto, appunto, gli Oasis, anime di uno stile di vita, di un rapporto con la realtà, di un sentimento trasversale che definisce un modo d’essere eterni english lad, turbolenti ragazzi di strada, ben oltre i confini di una sottocultura.
 


Il progressivo sgretolarsi degli Oasis, sotto i colpi degli insulti che Liam e Noel presero a scambiarsi nell’ultimo decennio di convivenza, più o meno all’alba del nuovo millennio, fino alla rottura definitiva nel backstage di un festival parigino, quando Noel decise che lui e il fratello non potevano più respirare la stessa aria, ha segnato in un certo senso una cesura incolmabile nella vita di un sacco di gente. Era arrivato il momento di mettere al passato non solo un suono, non solo la partecipazione a concerti-eventi che somigliavano alle ultime liturgie di un certo popolare orgoglio brit, ma un intero mondo di cui si conoscevano equilibri e contraddizioni, avviandosi verso un’epoca “post”, che poteva contenere di tutto, per esempio una Brexit, un Boris Johnson e un Nigel Farage, una schizofrenia politica specchio d’una società destabilizzata. Sì, ma che c’entrano gli Oasis, si potrebbe chiedere? Quello che c’entra è la malinconica sensazione di un’assenza, di un forfait, di una fine, di un passato che sembra irrimediabilmente migliore del presente.
 

Adesso, nel 2024, succede quello che era quasi impossibile, ma non davvero impossibile, che succedesse. Mentre i giornali inglesi s’affannano a percentualizzare il numero di grandi band che prima o poi si sono date una seconda chance, Liam e Noel hanno semplicemente seppellito l’ascia di guerra, nel modo sbrigativo che prende forma tra due fratelli, senza bisogno dell’intervento delle Nazioni Unite. Chi chiede scusa per primo? Tu? No, tu. No, tu. Poi via con le scorciatoie, Liam che dal palco del festival di Reading dedica una canzone a Noel, apostrofandolo come “il più grande autore mai esistito”, l’altro che dice “basta con questo cacchio di internet. Dì ai tuoi di chiamare i miei” e subito il corto circuito s’è attivato e ha trasmesso la scossa al mondo ormai rassegnato a constatare che, per quanto facessero, i due Gallagher presi singolarmente, con le loro rispettive band e i loro spettacoli somiglianti, non allacciano nemmeno le scarpe al sodalizio riunito, alla magia della “mente” che si trasfonde nel “corpo”, quella voce che si sublima con quella chitarra. Bene, ci siamo: reunion nel 2025.
 

Vulgata vuole che sia bastata una telefonata. Immaginiamo i gutturali grugniti nelle rispettive cornette. Magari è servito qualcosa di più, decisamente meno poetico, tipo la prospettiva di un guadagno astronomico. Di sicuro questi due non resistono alla voglia di capire, di provare di persona, quanto sono desiderati. Quanto sono importanti. Quanto incarnano un pezzo di storia emotiva del loro paese. Il business del resto sarà colossale: chi ha fatto due conti, sostiene che le prevendite per i dieci concerti a Manchester, casa loro, e i dieci nel tempio di Wembley valgono una base di partenza di 400 milioni di sterline, più tutto l’indotto, incalcolabile. E di lì in poi ogni altro record sarà a portata di mano e perfino Taylor Swift vedrebbe minacciato il suo primato. E anche questo è un ritorno al passato: i calibri grossi davvero che si sfidano a colpi di supremazia, come ai tempi in cui il rock era una religione, praticata e non soltanto rievocata.
 

Poi ci sono molti altri discorsi. Per esempio il resto della band proverà a ricalcare la formazione originale (quasi impossibile)? E come si presenteranno di fronte alle sterminate platee i due fratelli, metteranno in scena l’amore o la rivalità? E quali misure prenderà segretamente l’entourage per evitare che nel rischiosissimo retropalco la loro malmostosa relazione non torni a esplodere come un mortaretto? Come che sia, l’evento ha avuto l’effetto di un quintale di popper riversato nelle tubature della vecchia Britannia. I vecchi fan tolgono le magliette dalla naftalina, i ragazzini possono finalmente superare il complesso d’inferiorità per aver visto i Gallagher solo al cinema, nel doc sul concertone di Knebworth, tutti sorvolano sui prezzi dei biglietti, che saranno da rabbrividire, forse 200 euro per un posto in piccionaia, ma se non li spendi adesso i soldi, che li guadagni a fare? e un velo pietoso ricopra il business di bagarinaggio che s’accenderà attorno all’evento. Aleggiano Lady D e Tony Blair nel cielo di un’Inghilterra starmeriana che, senza dirlo troppo apertamente, guarda in quella direzione. E i Gallagher si sono mantenuti bene, hanno ancora il loro charme, una notte con gli Oasis sarà come riassaporare la sensazione che le cose vanno bene, what’s the story morning glory, che bisogna battersi, che c’è una vita davanti e che tutto è sempre possibile. Definitivamente, forse.

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