(foto Ansa)

il racconto

Com'è difficile arrivare all'Ariston. Neanche i pullman di Roccaraso ci riuscirebbero

Saverio Raimondo

Per chi lo segue da casa è un sinonimo di serate pigre. Ma per chi a Sanremo ci va fisicamente raggiungere la destinazione ogni anno è un'avventira sempre più faticosa e avvilente

Sanremo, dal nostro inviato. Sanremo è irraggiungibile, neanche fosse un obiettivo militare. Per la maggior parte degli italiani, che seguono il Festival della canzone italiana dal divano, l’evento è sinonimo di serate pigre e sedentarie, passate a casa ad ascoltare le canzoni e commentare i look dei cantanti e addormentarsi di fronte alla tv; per chi invece a Sanremo ci va fisicamente – come il sottoscritto – raggiungere la destinazione è ogni anno un’avventura faticosa e avvilente, che sconfina nell’impresa survivalista. Non si capisce come mai la Rai, che cerca sempre di sfruttare al massimo il brand Sanremo, non abbia ancora pensato al format “Sanremo Express”: i cantanti in gara tentano di raggiungere il noto paese ligure in tempo per esibirsi all’Ariston durante la kermesse, una sorta di Squid Game canoro. Qualunque meta asiatica è più facile da raggiungere di Sanremo – e qualunque cultura e costume straniero sono meno esotici di quelli liguri. 

 

Le ragioni di questa difficoltà sono in primis geografiche, per non dire geologiche: la Liguria è una striscia di terra stretta a picco sul mare, di difficilissima percorribilità; e Sanremo è proprio in fondo a questo cul de sac. Arrivarci in auto non è solo lungo: l’autostrada A10/E80 Genova-Ventimiglia è stata pensata negli anni 60, e oggi è del tutto inadeguata (le corsie sono strette, gli svincoli pericolosi) e sfiancante, per affrontarla bisogna avere riserve di Travelgum, riflessi pronti e un’incrollabile fede del genere umano. Arrivare a Sanremo in aereo è ridicolo: per farlo bisogna sconfinare e passare per l’estero, l’aeroporto più vicino è quello di Nizza, tanto varrebbe fare all’Ariston il festival della canzone francese; e come se non bastasse quella tratta aerea è funestata da continue turbolenze, anche gli atei durante il volo si fanno il segno della croce, e se si atterra sani e salvi si scende comunque dalle scalette con un colorito verde, lo sguardo di chi ha visto la morte e non gli è piaciuta. E una volta lì non è finita, sei in Francia appunto, devi comunque trovare quattro ruote che ti portino a Sanremo – e prima ancora devi ritrovare il tuo bagaglio, che spesso risulta smarrito.

 

Non resta che il treno, e anche in questo caso buona fortuna, specie nell’annus horribilis del trasporto ferroviario italiano: chi parte da Roma come il sottoscritto ha due possibilità, o va a Genova e da lì trenino lungo la costa fino a Sanremo, in un lungo stillicidio di gallerie, oppure Alta velocità fino a Milano e poi da lì debilitante Intercity fino a meta; in entrambi i casi, più di sette ore di viaggio – fa in tempo a passarti tutta la tua vita davanti, gran parte della quale passata sui treni nel tentativo di raggiungere Sanremo. Come se non bastasse, il tempo di sosta del convoglio nella stazione di Sanremo è di circa 40 secondi, dopodiché il treno riparte e la fermata successiva è nell’Ade; dunque tu, sotto il peso di un trolley gigante riempito all’inverosimile di cambi d’abito necessari per trascorrere sette giorni in un paesino della Liguria a metà febbraio dove piove c’è il sole fa caldo nevica, devi letteralmente catapultarti giù dal finestrino del treno – la coda per scendere, essendo tutti su quel treno per andare a Sanremo, è allucinante. Una volta a terra non è finita: la stazione di Sanremo non è a Sanremo ma in Piemonte, stando alla lunghezza del tunnel sotterraneo che devi percorrere per emergere, finalmente, alle pendici del teatro Ariston. Neanche i pullman di Rita De Crescenzo riuscirebbero ad arrivare a Sanremo, più inespugnabile di Roccaraso.

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