Carlo Conti (Ansa)

Perché Saverio è a Sanremo

Il Festival non è più specchio dell'Italia, ma una sua versione distopica

Saverio Raimondo

La sinistra si è presentata divisa con due cantautori, disperde il televoto fra Lucio Corsi e Brunori Sas favorendo così la vittoria di Olly. Esponente di una musica “di centro”, melodica ma popolare,  che assicura: “Canterò per tutti gli italiani"

Il Festival di Sanremo non è più specchio dell’Italia, ma una sua versione distopica: all’Ariston Giorgia perde e vince Olly Schlein. (Giorgia è la Giuliano Amato della musica italiana: sempre favorita nella corsa quirinalizia del festival, non lo vince mai). Olly però è stato eletto vincitore solo con il 23,8 per cento delle preferenze, appena lo 0,4 per cento in più di Lucio Corsi: ha la maggioranza alla Camera ma al Senato è risicatissima, e dopo l’Eurovision rischia di cadere come già Angelina Mango prima di lui.

L’Ariston è ingovernabile. Analisi del voto: la sinistra, che si è presentata al Festival divisa con due cantautori, disperde il televoto fra Lucio Corsi e Brunori Sas favorendo così la vittoria di Olly – nonostante l’astensionismo di chi, deluso dalla sconfitta di Geolier l’anno scorso, ha stracciato la sim elettorale. Olly, esponente di una musica “di centro”, melodica ma popolare, assicura: “Canterò per tutti gli italiani”. Ma la platea dell’Ariston fischia il settimo posto di Giorgia, per loro ha vinto lei, si rischia un assalto a Capitol Hill. Fin qui la distopia del festival; ma se invece ci si affaccia dietro le quinte, nel backstage del teatro Ariston, si scopre il luogo sanremese che è ancora specchio e metafora dell’Italia.

L’Ariston è un grande teatro di provincia – definizione che calza benissimo a tutta l’Italia; e il suo dietro le quinte consiste in un labirinto di corridoi e scale che conducono ai camerini, posti nelle viscere del teatro a eccezione di quelli dei conduttori, più prossimi al palco. Gli ambienti in cui si articola il backstage sono relativamente stretti e angusti, eppure qui la Rai ha ricavato spazi social, un piccolo studio radiotelevisivo, regie, salottini, green room dove transitano i cantanti prima e dopo la loro performance, gettando un’occhiata all’esibizione di un collega o a una classifica in divenire sul grande televisore acceso al centro della stanza. Spazi decisamente insufficienti per ospitare ventinove cantanti con i loro staff (quello di Fedez pare il codazzo di un capo di stato), specie durante la serata del venerdì quando si sommano anche i cantanti ospiti per i duetti; eppure tutto fila liscio, nessuno si fa male, tutti entrano ed escono dal palco senza intoppi e nei tempi serrati stabiliti dalla scaletta di Carlo Conti –ormai più meridiano lui di Greenwich. E’ la metafora del deep state: sul palco dell’Ariston può non succedere niente (come quest’anno), ma la ribalta ingigantisce e genera isterie collettive; mentre dietro le quinte qualunque cosa accada è gestita e assorbita con sangue freddo e senza clamore. E’ il caso dello scazzo fra Lucio Corsi e Topo Gigio, avvenuto venerdì al termine della loro esibizione, come fossero Morgan e Bugo. Corsi dopo il duetto scende dal palco furioso per il siparietto fra Gigio e Conti (“Topo Gigio ha rovinato tutto!”), il pupazzo allora gli risponde per le rime (“Ringrazia il cielo se sei su questo palco, rispetta chi ti ci ha portato dentro, questo sono io”); ma grazie all’intervento delle persone presenti – curatori, funzionari, capistruttura – viene evitata la rissa, gli artisti tranquillizzati, e prima della fine della serata Lucio Corsi e Topo Gigio hanno fatto pace come Giancarlo Magalli e Adriana Volpe.

Fra le professionalità coinvolte nel backstage, resto particolarmente colpito dalle ragazze che si occupano dei contenuti social: gestiscono sul loro stesso telefono, quello dove gli arrivano anche i whatsapp di mamma o del ragazzo con cui si stanno scrivendo, account Rai istituzionali da milioni di follower: noi persone normali quando ci ubriachiamo dobbiamo stare attenti a non scrivere alle ex, loro a non pubblicare foto personali sugli account ufficiali del festival di Sanremo. Ma nonostante l’ansia lavorano agili e intraprendenti. In conclusione, in un ambiente piccolo e infrastrutturalmente inadeguato, gente che lavora sodo e nell’ombra fa sì che vada tutto bene indipendentemente da quanto accade sulla scena pubblica: questo è l’Ariston, questa è l’Italia.
 

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