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Tosca (foto © Fabio Lovino)
A spasso con Tosca per l'Officina Pasolini: “È il mio più grande successo”
Da Arbore alla cvittoria a Sanremo, fino al gesto rivoluzionario: strappare il contratto della vita per darsi al teatro. La cantante racconta il suo impegno per la formazione artistica dei giovani e il valore del tempo. “Propongo il noi, contro il culto del singolo”. E torna all’Auditorium con il progetto "D’altro Canto"
“Penso che per capire bisogna prima guardare”. Ci accoglie così Tiziana Tosca Donati, in arte Tosca. È un soleggiato pomeriggio romano, con il cielo azzurro e una temperatura gradevole, a ricordare che la primavera non è poi così lontana. La cantante, cresciuta alla scuola di Renzo Arbore e fatta conoscere per la vittoria al Festival di Sanremo del 1999 insieme a Ron, ci apre le porte di quella che è ormai, da dieci anni, la sua casa. L’Officina Pasolini sorge tra la Farnesina e uno squarcio dello Stadio Olimpico. Gli inizi risalgono al 2014, da un’idea di Tosca e dell’allora vicepresidente della regione Lazio, Massimiliano Smeriglio. Si tratta di un luogo di formazione artistica per centinaia di ragazzi tra i 16 e i 29 anni, desiderosi di acquisire tutti gli strumenti per entrare nel mondo della musica, del teatro e del multimediale. Con 550 diplomati, 100 docenti coinvolti e oltre 300 eventi aperti al pubblico, servirebbe molto più spazio per raccontare un progetto nato da zero e divenuto punto di riferimento a livello nazionale. “L’Officina Pasolini è il mio più grande successo – ci dice la cantante - quando non ci sarò più, aver creato una cosa così significherà aver dato senso al mio transito terrestre, come diceva Battiato”.
Camminiamo per questa struttura, che dieci anni fa appariva evanescente e oggi è popolata da studenti che frequentano lezioni di Scrittura, Storia della canzone e Montaggio. Insieme a Tosca visitiamo le aule: molti studenti la salutano, alcuni si fermano per avere informazioni. Nel frattempo, lei apre finestre, saluta i docenti e coordina anche gli interventi dei manutentori. Nel corso della visita, dettaglia la storia di un luogo in cui il bello ha deciso di non sottostare alle regole del mercato: “qui si lavora sui progetti e non sui prodotti”, perché, spiega, “per fare arte occorre il giusto tempo, mentre oggi il tempo del processo creativo l’hanno annullato”.
Intanto si accavallano le voci: ogni tanto si sente un “Tizià” che richiama l’attenzione della cantante e, mentre osserviamo le foto appese alle pareti – che raccontano di Eduardo De Filippo, di eventi passati e futuri, di personaggi che hanno dato il loro contributo a quest’isola di bellezza – ci rendiamo conto che la carriera di Tosca e i suoi frutti sono segnati da un costante non abbassare mai le proprie aspettative. “Anche dopo il successo di Sanremo nel 1996 – continua – sentivo che quello che io volevo non coincideva con quello che gli altri desideravano per me. Non era il mio percorso. Non sto rinnegando quella fase, ma non era il mio”.
La cantante nasce con il tarlo della curiosità, che la porta ad ascoltare di tutto, pur riconoscendo una predilezione per la musica cantautorale. Tra le sue influenze figurano non solo Renzo Arbore, ma anche Ivano Fossati, Lucio Dalla e Franco Battiato. Tosca ha collaborato sin dagli esordi con figure emblematiche della canzone italiana, che le hanno insegnato “la bellezza delle non regole, il gusto di mettere in discussione ciò che sarebbe giusto fare, perché questo mestiere è fatto di curiosità, follia e del saper giocare con quello che fai”.
Immersa in tanta bellezza, è stata testimone dei primi scricchiolii di un mondo – quello discografico e della canzone in generale – in cui faceva spazio la “cultura del prodotto da usare e poi buttare via, secondo incomprensibili leggi di mercato”. Lei compirà un gesto rivoluzionario, quantomeno in controtendenza: strappare il contratto della vita, quello proposto dalla BMG, “dove mi offrivano tutto”. Rifiuta di piegare il suo percorso artistico a un “mondo legato all’apparenza” e prosegue nella ricerca della sua strada, spesso allontanandosi dalle convenzioni, dal noto e dal sicuro. “In un momento di crisi – continua Tosca – ho deciso di darmi al teatro, perché bisogna allontanarsi per poter vedere e capire”.
Tosca è un fluire di aneddoti, incontri ed esperienze ammalianti. Si parla di giovani che “sono il mio e nostro futuro” e tutti i suoi ricordi non sono lontani, ma memorie di qualcosa che riaffiora davanti a te con il ritmo morbido della sua voce e lo sguardo che ridisegna i volti di chi ha lasciato un segno nella tua vita.
Con questo bagaglio, Tosca riparte con "D’altro Canto", un progetto che, dopo il successo del 2024, diventa spettacolo residente all’Auditorium Parco della Musica di Roma. I primi germogli durante il Covid con Tosca che crea playlist online condividendole con alcuni amici. “Ciò che la radio non passa” una serie di brani scovati in giro per il mondo “durante la mia ora di ascolto quotidiana”. L’idea si trasforma in un programma radiofonico giornaliero su Radio Rai3, col tempo evolve in un evento teatrale ispirato al sarau brasiliano: “Un dopocena in cui, tra amici, si canta e si suona – non a karaoke, ma intorno a un tema. Quando c’è un sarau, si pensa a cosa portare per stupire gli altri”.
Si parte venerdì 21 con il Carnevale e, nel corso del 2025, si affronteranno temi quali “il viaggio”, “il tradimento” e, per finire, “il Natale”. Lo spettacolo vede la collaborazione di un team di autori che realizzano qualcosa che “non è il concerto di Tosca, ma un insieme di artisti che si ritrovano per giocare”. In un mondo che spinge sul “singolo”, la cantante romana propone “il noi”, il lavoro tra amici-artisti, la fusione tra generi e la condivisione di esperienze che possono arricchire. L’anno scorso durante l’ultimo spettacolo del 2024, Renato Zero è “passato” a fare visita a Tosca, per lo stupore del pubblico e degli ospiti in sala. “Sono una sorcina, cresciuta con le canzoni e l’insegnamento di Renato. È un maestro, un amico”. Poi ci racconta un aneddoto: durante la sua infanzia alla Montagnola, quando faceva i capricci, la nonna – sarta molto conosciuta nel quartiere – la minacciava dicendole che l’avrebbe fatta sposare proprio con Renato Zero!
I primi ospiti di questa edizione sono Michela Andreozzi, Paolo Bonolis, Gnut e Renzo Rubino; gli altri vengono svelati di volta in volta, e il pubblico acquista gli abbonamenti per i quattro eventi, conoscendo solo il titolo della serata, “qualcosa di pazzesco”.
Un affetto che nasce da una stima radicale, “perché il pubblico per me è un atto d’amore; quello che propongo spero possa far sentire tutti a casa”. Proprio la casa è la protagonista del suo ultimo singolo (Voglio una casa, ndr) e quando le chiediamo se ne ha trovata una sua, nella vita come nella musica, ci dice di sì: “L’ho trovata, ma c’è ancora tanto da fare; c’è tanto da abbellire, da conoscere, da creare. C’è così tanta bellezza che ti verrebbe voglia di non morire”.
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