l'intervista

Il Guardiano del Faro e le sue mille vite

Raffaele Rossi

Compositore, arrangiatore, autore e produttore. Federico Monti Arduini ha fatto sognare intere generazioni con il “fischio” del suo sintetizzatore elettronico Moog. In cima alle classifiche negli anni '70, poi la direzione di Ricordi e Polydor, ora l'ultimo singolo. Il racconto di cinquant'anni di carriera

Il corpo umano è un sistema complesso di organi, tessuti e cellule. Per Leonardo Da Vinci è una “meravigliosa macchina perfetta” che però ha bisogno di tanta cura. E la cura più importante da sempre è quella dell'anima di cui la musica ne è la panacea. Non devono mancare però una giusta dose di calma e di costanza ma anche la facilità di comunicare con i suoni e con le parole. Tutti poteri che rendono Federico Monti Arduini uno dei migliori medici dell'anima grazie alle sue composizioni. Una carriera lunga cinquant'anni, quella sotto lo pseudonimo Il Guardiano Del Faro, nata per caso grazie all'amore per un nuovo sintetizzatore elettronico: il Moog.

In cima alle classifiche negli anni '70 con Il gabbiano infelice, una rivisitazione dell'inno sacro Amazing Grace, e con Amore grande amore libero, che vince anche Un disco per l'estate. Direttore prima per Ricordi e poi per Polydor, negli anni '80 è autore e presentatore di programmi televisivi. Successivamente fonda la sua casa editoriale e discografica. E non scherza quando dice che ora, a 84 anni, non ha nessuna voglia di smettere di suonare il Moog.

 

Da poco è tornato con ‘Solamente mia’, il suo ultimo singolo. Come è nato?
Una notte non riuscivo a dormire e mi sono messo al piano. È venuto fuori da solo, io continuavo a suonare e basta. Poi l'ho reinterpretato con il Moog. Sentivo il bisogno di regalare un po' di spensieratezza.

 

Ma cosa l'ha spinta a riprendere il Moog in mano?
Tante cose diverse. Prima di tutto moltissimi fan mi hanno scritto per chiedermi di tornare a suonare. E questa è stata una spinta notevole. Per me il Moog rappresenta un suono che mi viene dall'anima. Potrei dire che il pianoforte è la base della mia musica, dopo tanti anni di conservatorio. Ma il Moog ne diventa l'interprete.

 

Lei ha iniziato la sua carriera negli anni '60 come compositore sotto lo pseudonimo di Arfemo. Cosa rimane oggi di quell'epoca?
Di quell'epoca non è rimasto nulla. Mi ricordo i vari Sanremo di tanti anni fa, la costruzione musicale di una volta era accattivante. Oggi non riesco a cantare né a ricordare nulla. Ascolto ma c'è solo piattume. Non c'è la linearità di brani come ‘Nel blu dipinto di blu’, ‘Quando, quando quando’, ‘Io che non vivo’. Canzoni che hanno girato il mondo. Oggi lo strumento elettronico fa il lavoro, ha reso tutto piatto. Le mode cambiano.

  

Però è stato proprio uno strumento elettronico a renderla celebre.
Era un'epoca in cui c'erano i cantanti classici come Little Tony, Orietta Berti, Wilma Goich. Poi è arrivato questo suono accattivante che ha rotto il modo di costruire la musica, tutto per caso. E ho capito che fare musica non vuol dire solo farla con le parole ma c'è anche musica che si esprime senza parole.

  

Federico Monti Arduini nel 1978 (Olycom) 

 

E lei lo ha capito con ‘Il gabbiano infelice’ e ‘Amore grande amore libero’ al primo posto in classifica negli anni '70.
È stata una sorpresa, soprattutto con ‘Amore grande amore libero’. Invece‘Il gabbiano infelice’ è nata per caso. Un amico faceva l'importatore di strumenti musicali e quando è arrivato il Moog lo mandò alla Ricordi, per cui lavoravo. Ci ho messo le mani per capire cosa fosse e ho cominciato subito a registrare. Però non potevo fare l'artista con il mio ruolo, allora ho chiamato un amico e l'ho mandato dai discografici della stessa Ricordi con in mano il brano. Ovviamente non potevo usare il mio vero nome: così è nato Il Guardiano del Faro.

  

Un successo confermato nel 1978 con ‘Oasis’, disco che è stato ripubblicato in otto paesi tra cui Giappone, Germania e Inghilterra.
Quell'album è nato in un momento di libertà mia. Mi ero staccato dalle major, dal mondo manageriale. Mi sono rintanato in una casa che i miei avevano all'Argentario. Mi sono portato dietro tutti gli strumenti elettronici e continuavo a registrare. Nulla era assolutamente pensato per il mercato ma solo per buttare fuori quello che avevo dentro. E poi è diventato un disco cult.

  

Negli anni '80 è ospite fisso a Blitz di Gianni Minà e autore e presentatore di programmi tv come Il sabato e Blu domenica. È come se avesse vissuto tante vite.

Fa parte della mia natura, dell'insoddisfazione che ha l'essere umano e dalla difficoltà di comunicare con le parole e non con il suono. La mia è una non predisposizione ad apparire, stavo sempre dietro i palchi ad aiutare i cantanti. Però a volte senti dentro la voglia di dire qualcosa.

 

Nel 1996 fonda la casa editoriale e discografica Cafè Concerto. Perché ha sentito il bisogno di fare questo passo?
Dopo aver lavorato nelle case discografiche, avevo tante conoscenze e alcune delle più grandi società editoriali hanno voluto essere rappresentate da noi in Italia. Ho avuto sempre rispetto per tutti, amo tanto questo mestiere.

 

Cosa lascia ai compositori del futuro?
Credo solamente di aver dato una piccola rotellina dell'ingranaggio, che ha fatto funzionare tutto quello che mi riguardasse. Oggi ho 84 anni e sono ancora innamorato della musica. E dico ai ragazzi: credeteci.

  

Di più su questi argomenti: