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L'intervista
I nuovi scenari di Dardust: “Abbandono il mio comfort come un Siddharta urbano”
Dal brutalismo all'impressionismo. Il pianista, produttore e compositore Dario Faini, che ha firmato "Soldi" di Mahmood e "La noia" di Angelina Mango, porta in tour il suo ultimo album "Urban Impressionism". E su Sanremo dice: “Amadeus non capì il brano che presentai con Massimo Pericolo, ora non ci andrei più”
Il rapporto tra soggetto e oggetto nasce quando il primo, un organismo pensante, si chiede cosa sia l'altro, diverso da lui, e se prova i suoi stessi sentimenti e pensieri. Nel 1968 lo scrittore americano Philip K. Dick provò a far luce sulla dicotomia uomo-macchina nel suo romanzo "Il cacciatore di androidi", da cui è tratto il celebre film "Blade Runner" del 1982. Una guerra, quella tra un cacciatore di taglie e gli androidi, che nasconde verità filosofiche ataviche su cosa sia giusto e cosa no, sull'essere e il non essere e sul rapporto tra bianco e nero. E come in realtà anche il cogito ergo sum di Cartesio venga messo in discussione. A diventare un essere umano pensante è invece il pianoforte che Dardust suona nel suo nuovo album "Urban Impressionism". Dopo aver firmato tanti brani pop - da "Soldi" di Mahmood a "La noia" di Angelina Mango – l'artista torna alle atmosfere non convenzionali con 13 nuove tracce, in un equilibrio metodico tra pianoforte ed elettronica. E un tour in partenza a marzo che lo vedrà calcare prima i palchi di Milano e Roma, per due show unici, e poi quelli europei.
Due le ispirazioni. Da una parte quella dell'architettura brutalista delle grandi periferie urbane. Così il compositore inserisce nell'album campionamenti registrati a Parigi, New York e Londra. Dall'altra parte quella di grandi maestri delle arti come Debussy, Eno e Liszt che colorano il bianco e nero delle zone emotive.
"Rendi cosciente l'inconscio, oppure sarà lui a guidare la tua vita e tu lo chiamerai Destino". Lo diceva lo psichiatra Carl Gustav Jung. Con questo disco ha reso visibile il suo inconscio?
È una cosa che in realtà faccio sempre. Sono io alla regia quando l'inconscio mi guida. Prendo io in mano il mio destino. Ogni disco è perciò un'indagine approfondita della mia personalità.
Come descriverebbe "Urban Impressionism"?
È un disco potente, intimo e personale, più vero dei precedenti. Ma molto spoglio. Non c'è sovrastruttura di produzione: si va dritti all'osso delle cose.
Il brano "Golden cage" è ispirato alla metafora della "gabbia d'acciaio" del sociologo e filosofo Max Weber. Come le è venuta?
La gabbia è quando hai un ruolo e sei etichettato solo in quel ruolo. Sei incasellato lì. E quando ti sposti sei un outsider. L'obiettivo del mio percorso è non farmi ingabbiare. Come un Siddharta urbano.
In che senso?
Andare in luoghi dove non sei a tuo agio per scoprire altro, questa è una necessità doverosa per ogni artista. E così ho trovato me stesso.
Porterà il suo lavoro il 12 marzo all'HangarBicocca di Milano e il 14 a La Nuvola di Roma. Come saranno gli show?
Saranno dei veri live. Se nel tour di "Duality" c'era una scenografia, ora ci saranno i 7 Palazzi Celesti a Milano e a Roma una collaborazione con l'artista digitale Franz Rosati per un viaggio concettuale. Saranno due date customizzate. Sul palco con me ci sarà un trio d'archi e Vanni Casagrande.
Poi andrà in tour in Europa.
Lì ci sarò solo io. Non ci saranno scenografie aggiuntive. Solo io e il mio piano che raccontiamo il disco, sarà tutto incentrato sulla musica. Con luci bianche, minimalista.
Lei è anche un noto autore e produttore di brani pop. Cosa cambia quando lavora con altri?
Quando lavoro per e insieme ad altri, c'è una responsabilità diversa. In quei casi voglio andare pronto, preparato, voglio dare il meglio. Voglio che l'artista arrivi contento, mi preoccupo molto. Devo mediare l'atto creativo con un'altra visione.
E come vive questa dualità?
È un grande stimolo per creare cose diverse, un grande tesoro.
Non ha mai preso in considerazione di partecipare a Sanremo come artista principale?
Ci avevamo provato con Massimo Pericolo con il brano "Signore del bosco" Ma Amadeus non capì il pezzo. Forse è stato un bene che non ci siamo andati. Ora non mi ci vedrei più.
Perché?
È una competizione, ti pone in classifica, in un vortice in cui ognuno ha qualcosa da dire, fanno paragoni. A me piace vivere Sanremo dall'esterno, con i pezzi che sono figli miei e prendono la loro strada.
E ora invece, come sulla copertina di "Urban Impressionism", si mette a nudo con il suo pianoforte.
Metto a nudo tutte le mie fragilità e le mie vulnerabilità, senza orpelli. Mostro la vera essenza di un'artista. Il pianoforte spezzato, quello in copertina, è stato il mio tracciato: rompere i perimetri e le aspettative. David Bowie diceva che quando ti senti al largo, e non sai se stai toccando o rischi di affogare, è proprio lì che trovi le cose piu belle.