Ritorno a Rio. Il primo disco di Dora Morelenbaum rievoca atmosfere dimenticate

Stefano Pistolini

"Pique" è il disco d’esordio di una giovane vocalist e polistrumentista dal cognome importante, figlia di Paula e Jacques, rispettivamente cantante e compositore/violoncellista, entrambi componenti dell’aristocrazia musicale carioca. Il tutto sotto la supervisione produttiva di Ana Frango Elétrico, protagonista della nuova scena brasiliana

Ornella Vanoni e Mina, Fabrizio De André e Ivano Fossati, ma anche Morandi e Pausini. Per diversi anni – anni così diversi da questi, in un’Italia che non ci somiglia più – si estese un ponte di simpatia, ammirazione e collaborazione tra musicisti italiani e brasiliani. Jobim e Sergio Mendes con Brasil 77, Vinicius de Moraes e Toquinho, perfino un entertainer come Roberto Carlos divennero habitué delle nostre ribalte e della nostra tv, e i ritmi di samba e bossa nova svilupparono una bizzarra penetrazione nei nostri consumi, colonna sonora di quella diffusa aspirazione all’eleganza e alla joie de vivre che si diffondeva a corollario dei tangibili segni di benessere che traversavano un paese inquieto. Per non parlare poi del cinema di commedia nostrano, nel quale questi suoni parevano fatti apposta per sonorizzare la rappresentazione del nuovo spirito italiano, appena uscito da un tunnel, ma già pronto a infilarsi in un altro, ancora più oscuro. La cosa curiosa è che, a dispetto delle molte implicazioni culturali e perfino politiche che la musica brasiliana portava con sé, a cominciare dal significato e dall’intenzione della poderosa corrente produttiva del tropicalismo e dei suoi protagonisti anni Settanta – Caetano Veloso, Gilberto Gil, Tom Zé, Gal Costa… – la generale percezione di quest’incontro fu di assoluto disimpegno, intesa come divagazione di una borghesia che aspirava a sprovincializzarsi, con palpabili intenzioni edonistiche. Insomma, a posteriori e, salvo una ristrettissima nicchia di appassionati, oggi verrebbe da dire con definizione banale che “fu soprattutto una moda”. E che perciò venne quasi interamente dimenticata, facendo sì che quel ponte franasse e l’interesse si volgesse altrove. Un peccato, senza dubbio perché, proprio come la nostra scena, con le sue ondate e il succedersi di protagonisti, anche quella della musica brasiliana ha continuato a evolversi, in perenne equilibrio tra radici, tradizione e sperimentazione, sfornando un’impressionante galleria di artisti rimasti del tutto sconosciuti dalle nostre parti. Invece è garantito che sia un universo da esplorare, per la qualità in cui ci si imbatte, l’interesse delle figure che lo popolano e le implicazioni che la migliore espressione musicale carioca continua a contenere, dal punto di vista culturale e oltre.

  

Il passo d’entrata con cui proviamo a promuovere questo riavvicinamento può utilizzare ad esempio il disco d’esordio di una giovane vocalist e polistrumentista dal cognome importante, Dora Morelenbaum, figlia di Paula e Jacques, rispettivamente cantante e compositore/violoncellista, entrambi componenti dell’aristocrazia musicale di Rio de Janeiro e stretti collaboratori della vasta famiglia musicale dei Jobim. “Pique”, sostantivo dai tanti significati, è il titolo dell’album di Dora e fin dai primi istanti del suo ascolto ci si ritrova avvolti in un’atmosfera che risveglia sensazioni dimenticate, salvo poi rapirci nella fascinazione di un viaggio di sublime sensualità.

  

   

Di che si tratta? Di pop music, in certi casi dal vasto respiro orchestrale, in altri dalla dinamica dimensione elettronica, sui quali danza la vocalità di Dora, conturbante, drammatica, evocativa, con toni e riflessi che si rifanno, nemmeno fosse un copyright inscalfibile, alla matrice del suono brasiliano. Dora si è fatta le ossa come componente di Bala Desejo, un notevole ensemble i cui membri costituiscono anche l’ampia parte dell’organico di questo lavoro, a cominciare da Zé Ibarra, 28enne compositore e arrangiatore di diversi pezzi, e da Tom Veloso, figlio di Caetano, anche lui tra gli autori dei brani di “Pique”.

  

Il tutto sotto la supervisione produttiva di Ana Frango Elétrico, anche lei giovane e già affermata protagonista della nuova scena di Rio. Insomma una parata di talenti, accomunati da un gradevole, ruggente e locale spirito indie, che confluisce nella realizzazione di un album sorprendente per la vastità della proposta, la qualità dell’elaborazione, l’originalità delle soluzioni, a tratti sontuose e mai predisposte a scivolare nel manierismo zuccheroso che talvolta ha inficiato tante produzioni di quelle latitudini. Ovviamente riaffiorano delle ricorrenze: l’evocazione della saudade, il gusto per la dimensione sognante, la vocazione alla rilassatezza, perenne predisposizione brasilera. La voce di Dora sussurra, gorgheggia, vocalizza con una sapienza mirabile che solo in poche occasioni si riveste del compiacimento narcisistico che coincide con la carriera di tante voci femminili del suo paese.

 

Insomma “Pique” e l’easy listening di superlusso di Dora Morelenbaum sono un invito a cui è difficile resistere. Da lì si potrà poi passare oltre, perché subito si dischiude un mondo musicale giovane ed energetico, nel quale scoperte sono all’ordine del giorno: Sophia Chablau, Vitor Milagres, Bruno Berle, Bebé, Luiza Brina, Maria Beraldo, Pedro Mizutani. Segnatevi questi nomi e, una volta tanto, provate a vincere la pigrizia da streaming che vi attanaglia. Ci ringrazierete.