
I Coma Cose fotografati da Cosimo Buccolieri per Valentino
l'intervista
La Vita Fusa dei Coma Cose: “Sentiamo l'esigenza di prendere altre strade”
Il matrimonio, i "Cuoricini" del terzo Sanremo e il primo tour nei palazzetti con il nuovo album, nove canzoni che rappresentano “la nostra scatola dei ricordi”. E un po' di sana incertezza del futuro
“Abbiamo voglia di cambiare, sentiamo l’esigenza di fare cose nuove e da soli, che magari esulano dalla musica, come la pittura ad esempio. Ma per ora guardiamo ai concerti nei palazzetti: sarà un punto di arrivo”. Nello sguardo e nelle parole di Fausto Lama (Fausto Zanardelli) e California (Francesca Mesiano), non c’è ansia ma grande aspettativa per il futuro dei Coma Cose, protagonisti dell’ultimo Sanremo con il tormentone Cuoricini e il suo profetico ritornello: “Cuoricini cuoricini / persino sotto la notizia ‘crolla il mondo’”. Il terzo Festival, dopo l’esordio nel 2021 con Fiamme negli occhi seguito nel 2023 da L’addio, è quello della consacrazione per il duo milanese che pubblica il nuovo album Vita fusa, una summa dei primi 10 anni di carriera e d’amore. Con la prima decade arrivano anche i primi palazzetti, dove si compirà il compleanno di questo viaggio. Una luna di miele in musica che passerà dal Forum di Milano il 27 ottobre e dal Palazzo dello Sport di Roma il 30. Ma prima un lungo tour estivo.
Fausto e California arrivano da un Sanremo diverso rispetto ai precedenti, “meno teso, forse per l’esperienza”. Sono saliti sul palco dell’Ariston pronti a stupire, in primis se stessi, e a raccontarsi sotto un’altra veste con un brano che avesse una “leggerezza congenita”. Nell’ultimo anno “abbiamo scritto tanto e questo lo consideriamo un disco terapeutico per la nostra storia”, raccontano. Nel 2022 sulla copertina di Un meraviglioso modo di salvarsi si gridavano addosso, oggi invece a dare l’input visivo di Vita fusa c’è un tenero gattino. In mezzo un percorso di auto-analisi per arrivare a un traguardo di “consapevolezza e rinascita”, culminato nell’ottobre 2024 con il matrimonio.
Nove canzoni che rappresentano “la nostra scatola dei ricordi”, conferma California. Ma anche uno sguardo al futuro, come cantano nella traccia finale G.O.O.D.B.Y.E.: “Se parti con me ti regalerò un anello all’anno come i cerchi di un albero”. Perché, ribadisce Fausto, “è difficile stare assieme, ci vuole tanto impegno”. Il brano è un omaggio alle produzioni degli anni Novanta e a quei gruppi “che hanno portato il linguaggio urban nel mainstream. Ci piace fare un tipo di produzione sonora e rievocarla”. Tra le loro influenze continuano a esserci i Beatles e i Flaming Lips per una “forma canzone destrutturata”. In un mondo sempre più veloce “si fa fatica a portare l’ascoltatore nell’immersione sonora”, e allora scelgono di parlare ai propri fan in brani che non hanno voluto scegliere come singoli appositamente. Come Salici che ripercorre la loro storia, da quando erano due commessi fino al giorno del fatidico sì. E ancora Honolulu, dove fa capolino lo spettro delle dipendenze: “Entrambi abbiamo avuto storie di vita particolare, credo che poi la tossicodipendenza abbia accompagnato tutti noi. Magari non personalmente, ma chiunque ha un amico o parente perso nei suoi meandri. La sentiamo molto e la dedichiamo ai nostri amici”.
Al di là della deriva pop di Vita fusa, i Coma Cose rimangono “un progetto cantautorale”. Il duo non è più quello del passato perché ora su di loro c’è “una lente d’ingrandimento”, dicono. Ma “la parola rimane ciò che muove tutto”, giocando con i generi e con le dicotomie. Giochi di parole sì, ma oggi “più edulcorati”, ammettono. Prima il pop, “quando sei più bambino”, e dopo la musica alternativa, “quando cresci”. E proprio i bambini impazziscono quando ascoltano le canzoni dei Coma Cose, a partire da Cuoricini. “Fin dall’inizio abbiamo avuto un pubblico di bimbi perché i genitori ci ascoltavano e ai concerti venivano tante famiglie”, dice California. “A noi da bambini piacevano i Righeira, Alberto Camerini e gli artisti un po’ pazzi. Nomi sui quali gli adulti di un tempo storcevano un po’ il naso”.