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Il museo nostalgico del rock demenziale italiano

Riccardo Carlino

Da Petrolini agli Skiantos, fino agli Elio e Le Storie Tese. Ascesa e declino del nostro canto demente: “Nessuno ha raccolto quell'eredità”. Chiacchierata con Auroro Borealo, in mezzo ai suoi 5 mila dischi

La dissacrazione musicale ritorna sul palco, ma i testi sono ancora quelli di oltre 30 anni fa. Il nuovo “Concertozzo” degli Elio e le Storie Tese si terrà a Bassano del Grappa, il prossimo 5 luglio, dopo il tutto esaurito delle tre edizioni precedenti. C’entra una discografia unica, un solido talento tecnico, ma anche uno smisurato effetto nostalgia. “Non riesco a pensare a chi abbia raccolto quell’eredità oggi, nonostante tanti artisti indipendenti abbiano inserito l’ironia nei propri testi”, dice al Foglio Auroro Borealo, nome d’arte di Francesco Roggero, artista poliedrico e arcivescovo di quella Chiesa laica e un po’ polverosa che è ormai il rock demenziale. Un microcosmo musicale in cui è proprio la nostalgia a tenere in piedi tutto, ma “non abbastanza da recuperare davvero il genere, come è avvenuto negli ultimi anni per il punk”. 

 

Auroro Borealo, artista poliedrico: quattro band, la carriera solista e una collezione da cinquemila dischi. Tra cui quello di Alessandra Mussolini

                   

Di questa musica, gli Elio e le Storie Tese sono stati un tassello fondamentale. “Loro si sono sempre rifiutati di essere associati a tale categoria, ma senza dubbio devono molto a quella stagione”, ci spiega Auroro. Non sono opinioni a caso, le sue, specialmente se si dà un’occhiata alla sua carriera: cinque album da solista, molti altri dentro quattro band diverse, un’etichetta discografica tutta sua, un musical finanziato direttamente dai fan, collaborazioni con Johnson Righeira, Giancane, i Camillas e tantissimi altri. Ci aggiungiamo poi una collezione da 5 mila dischi fisici (“mentre l’archivio digitale è praticamente infinito”) e 2 mila libri. I peggiori dei quali finiscono sulla sua pagina Instagram “Libri brutti”, oppure raccontati in un omonimo podcast di successo, e adesso anche in un volume ad hoc: “Il libro brutto dei libri brutti” (Blackie Edizioni, 22 euro), uscito il 18 aprile. Come se non bastasse, tra i tanti contributi che Auroro ha dato alla cultura (o ai suoi danni, a seconda dei punti di vista) c’è quello di aver caricato integralmente in rete, tramite il suo sito Orrore a 33 giri, “Amore”: l’unico – e introvabile – album di Alessandra Mussolini, uscito nel 1982 solamente in Giappone (con tre testi di Cristiano Malgioglio) e immediatamente assurto a reliquia per i collezionisti. Tanto da essere stato venduto nel 2000 a Londra per ben 10 milioni di lire. Quel disco è a casa di Auroro, protetto da un involucro di plastica e infilato con cura in mezzo ad altri 408.17 chili di musica (così calcola ChatGPT), tra vinili, cd e musicassette.

Fra questi, la musica demenziale certo non manca. Dagli Skiantos agli Eelst: pezzi che hanno graffiato la discografia degli anni 80 e 90 con ironia sferzante, testi espliciti e massiccio ricorso al nonsense. Ma le radici di questo genere affondano fino nel Ventennio fascista, ci spiega Auroro: “Forse il primo in assoluto è stato Ettore Petrolini”, fra i più influenti attori del teatro comico del Novecento. “Con il suo personaggio ‘Fortunello’ giocava in modo surreale con il suono delle parole, facendo una mitragliata di rime baciate e nonsense, ma non bisogna dimenticare anche Rodolfo De Angelis”. Drammaturgo napoletano e futurista, autore di brani smaccatamente ironici come “Sanzionami questo” o “Ma... cos’ è questa crisi?”. Il loro repertorio viene reinterpretato con successo da Gigi Proietti anni dopo, mentre la musica demenziale continua a prendere forme sempre più definite: “Il genere deve molto a Enzo Jannacci e Cochi e Renato, sia sul lato nonsense che sulla velata critica sociale”. 

 

Le radici della musica demenziale affondano fino nel Ventennio fascista. “Forse il primo in assoluto è stato Ettore Petrolini”

                   

Siamo a cavallo tra gli anni 60 e 70, è notte. Un gruppo di autori e discografici si è chiuso in uno studio di registrazione milanese per dare sfogo a tutta la creatività repressa nell’arco della giornata, a forza di stare dietro ai capricci di cantanti sognatori e stucchevolmente romantici. La band si chiama Squallor, ma è già dai titoli degli album che appare chiara la loro cifra stilistica: “Troia”, “Palle”, “Vacca”, “Pompa”, “Cappelle”, e così via. Senza mai una esibizione dal vivo (e con la pesante censura delle radio), sono riusciti a ritagliarsi uno dei posti più comodi e nobili della musica di culto. Una manciata di anni dopo, a Bologna, si erge un nuovo pilastro: gli Skiantos. Punk rock grezzissimo, performance dadaiste e testi intrisi di gergo giovanile caratterizzano i primi dischi del gruppo, guidato dal cantante Roberto “Freak” Antoni. E’ stato lui a coniare il termine “Rock demenziale”, stampato in un apposito manifesto in allegato alla prima edizione del loro secondo lavoro “Mono tono”, del 1978

 

Punk rock grezzissimo e testi intrisi di gergo giovanile caratterizzano i primi dischi degli Skiantos, guidati da Roberto “Freak” Antoni

                       

 

Due anni dopo, nelle scuole milanesi cominciano a circolare alcune cassette degli Elio e le Storie Tese, registrate di nascosto durante i loro spettacoli allo Zelig di Milano. Il loro primo album in studio arriva nel 1989, con un titolo scritto in singalese (si rimanda la traduzione al lettore) e più di 130 mila copie vendute. Dall’anno dopo, la geografia del demenziale si allarga molto di più. Nel 1990, fra i banchi del liceo Mamiani di Roma, si formano i Prophilax: band di culto nel sottobosco musicale laziale, specializzato in testi particolarmente sboccati e blasfemi. Si sciolgono nel 2023, dopo decenni di live. Mentre continuano a suonare nei teatri i Latte & i Suoi Derivati, fondati nel 1992 dai comici Lillo e Greg, nonostante la loro discografia si fermi al 1998. “Ci sono alcune tracce anche in Veneto, con i Pitura Freska e i Niù Tennici – dice Auroro – In quegli anni il genere si mescola un po’ con la musica dialettale, e tante altre piccole band hanno raccolto questo stile anche a Genova”. A Napoli Tony Tammaro spopola nelle tv e radio locali, mentre a Bologna nel 1992 irrompono i Gem Boy, che fanno della parodia la loro cifra. Tanto da sbarcare in tv nelle primissime edizioni di “Colorado” e rimanerci fino al 2014. 

E’ in Piemonte, però, che le cose si fanno serie. Nel 1990 nasce il Festival di Sanscemo, parodia della kermesse sanremese, interamente dedicata alla musica demenziale e allestita nel Palasport di Torino sotto la guida di Paolo Zunino, produttore e consulente artistico per l’etichetta Polygram. Dettaglio non da sottovalutare: lungo ogni puntata, il pubblico non fa che lanciare pomodori, arance e ogni tipo di alimento ai presentatori e ai cantanti in gara, trasformando i palchi in porcili pieni di verdura. Il festival funziona, viene trasmesso in seconda serata su Rai 2 e successivamente su Rai 3, dove raggiunge picchi di ascolto del 12 per cento di share. Per poi trasferirsi a Genova e infine a Milano nel 2005, per la sua ultima edizione. Il genere ottiene grandissima popolarità fra il pubblico, ma il culmine vero e proprio si raggiunge nel 1996, quando gli Elio e le Storie Tese fanno il loro ingresso all’Ariston con la “Terra dei cachi”: il palco più famoso d’Italia, sotto i piedi pesanti di sei ottimi musicisti con la pelle tinta d’argento (un omaggio ai Rockets). Il brano conquista il premio della critica e si piazza secondo in classifica, con il forte sospetto di un broglio dei voti orchestrato per strappargli la vittoria. Eppure, il loro successo commerciale “mette il timbro sulla fine di quella fase”, spiega Auroro: “Nel momento della sua massima legittimazione, il genere ha cominciato a spegnersi”. Capita, specialmente quando si costruisce una carriera con la voglia di sovvertire l’ordine imposto, e poi ci si accorge di non avere più nulla da rompere. 

 

Elio e le Storie Tese a Sanremo: “Nel momento della sua massima legittimazione, il genere ha cominciato a spegnersi”

               

 

“Naturalmente sono arrivati centinaia di epigoni e troppe piccole band che hanno saturato il mercato”. Perfino Claudio Cecchetto nel ’96 prova a inserire nella sua scuderia una band demenziale, i Palazzo Madama: “Non erano male, ma furono un flop clamoroso”, dice Auroro, che quel loro unico disco, “Rock e Rotico”, ce l’ha ben conservato sullo scaffale. “Erano volgarissimi, e questo è un altro dei motivi per cui poi il genere ha mostrato le corde: un certo tipo di utilizzo smodato di parolacce e volgarità fine a se stessa non era già più in voga fra i massimi esponenti del genere. E alcuni gruppi sono diventati stantii”. 

Allo scoccare del 2000, il millennium bug miete meno vittime di quelle pronosticate dai media. Al contrario, i computer fanno il loro prepotente ingresso sulle scrivanie degli italiani. Con l’arrivo dei blog, la socialità acquisisce tutto un altro sapore, e specialmente dopo l’esordio di YouTube, tutti vengono messi in condizione di condividere qualcosa. A volte bella, altre spazzatura, o per dirla all’inglese “trash”: “Parafrasando Tommaso Labranca, è quell’effetto involontario che si ottiene quando si cerca di ottenere un risultato alto, fallendo poi clamorosamente”, ci spiega Auroro. Ma quello stesso scarto tra ambizione e decadenza lo si vede anche accendendo la televisione: “Sul canale All Music andava in onda ‘Music Zoo’, un programma contenitore in cui c’era un mix stupendo di ironia e kitsch. In questo modo, il trash ha cambiato le carte in tavola, e ha finito per scavalcare definitivamente il rock demenziale”.

 

                 

 

Il genere si diluisce, allontanandosi da ciò che è stato in passato. Anche se a cambiare forma è un  po’ tutta la musica. Proprio in quegli anni, a un fumettista (Jamie Hewlett) e a uno dei maggiori esponenti del rock alternativo britannico (Damon Albarn) viene in mente l’idea di formare i Gorillaz, un gruppo che non si può veder suonare, tanto meno toccare. Ma cosa mai potrebbe fare una band fatta solo di cartoni animati, se non sbaragliare tutto? “Nel loro seminale disco d’esordio, ‘Gorillaz’, furono i primi artisti mainstream a mandare a quel paese i generi. Si sono detti: ‘Ma perché devo solo fare metal? Perché solo pop? Perché non mescolarci l’elettronica?’”. Un approccio seguito negli anni da sempre più artisti, che hanno scardinato un passo alla volta i confini che pubblico, stampa di settore e gli stessi musicisti avevano difeso strenuamente nei decenni precedenti. “Fa un po’ ridere pensarci adesso, ma negli anni 70 e 80 c’erano le lotte tra paninari e metallari. E anche nei 90 se suonavi un certo genere, variare avrebbe portato guai”.

La contaminazione c’è anche in Italia, un po’ più in ritardo ovviamente. Archiviato il capitolo melodico e sdolcinato compiuto col nome di Mikimix, Caparezza (Michele Salvemini) consolida il suo stile rap ironico e sferzante con “Fuori dal tunnel”. “Un successo commerciale così forte e inaspettato deve tantissimo alla musica demenziale”, dice Auroro. Ma senza andare troppo lontano, “anche in Brunori Sas ci sono molti elementi di ironia sagace. In sostanza, il rock demenziale ha cambiato talmente tanto la sua forma da disseminarsi ovunque, recuperato da nuovi artisti in tanti altri generi completamente diversi”.

Ma in questa trasformazione, non bisogna trascurare un elemento squisitamente umano: i giovani. Per Auroro, in un genere così eccentrico e caustico “è mancato un ricambio generazionale, perché si è persa quella voglia di ribellione che i ragazzi possedevano nel secolo scorso. Gli Skiantos avevano le scatole piene di quei cantautori tutti impomatati e col colletto largo che cantavano canzoni d’amore. Fare musica, per loro, era quindi un modo per prendersela con l’establishment”. Una rabbia sociale espressa senza mezzi termini, indirizzata a un’industria musicale ammuffita, ma anche a chi la foraggiava: “Largo all’avanguardia / Pubblico di merda / Tu gli dai la stessa storia / Tanto lui non c’ha memoria”. E ancora: “Io vado contro corrente / Perché sono demente / Sono ribelle con l’urlo nella pelle”. Nel 1990 invece, a pochi giorni dalla sua pubblicazione, “Born to be Abramo” degli Elio e le Storie Tese viene ufficialmente ritirato dal mercato. In quel singolo si mescolano canti liturgici, canzone napoletana, riferimenti grafici alla rivista “Svegliatevi!” dei Testimoni di Geova e varie hit della disco dance, specialmente Born to be Alive di Patrick Hernandez. Una parodia multipla (in palese violazione di qualsivoglia norma sul diritto d’autore), inframezzata da alcuni spezzoni in cui il tastierista Rocco Tanica interpreta un pedante parroco alle prese con “le signorine che si presentano in oratorio a 13-14 anni pittate come delle sciantose”.

 

                            

 

“Oggi invece la cosa più vicina a tutto questo è il Lol rap, un tipo di rap basato su testi ironici e provocatori”, spiega Auroro, che ci indica un nome in particolare: i Fuck Your Clique. Hanno vent’anni, sono usciti di recente con un album, “Scusate il ritardo”, e sarebbero dovuti salire sul palco di Sanremo durante l’ultima edizione come band di accompagnamento di Fedez, nella serata cover: idea prontamente stroncata da Carlo Conti. Tuttavia, “i giovani che fanno musica ironica oggi esprimono un disagio personale, non più sociale. In questo cambio di approccio alla scrittura, non c’è più quella voglia di protesta di un tempo, ma una manifestazione della propria individualità fatta attraverso delle provocazioni fini a se stesse, senza una vera intenzione di rottura. Così facendo, il genere è diventato completamente irrilevante”. 

Qualche band strettamente demenziale circola ancora, “ma non ha un grande impatto. Né culturalmente e né sul lato commerciale”. Eppure, concede Auroro, il rock demenziale sembra aver mutato ancora una volta la sua pelle. Anche qui, spunta un nome: Ruggero de I Timidi, personaggio creato da Andrea Sambucco. Dai primi del 2000 calca i palchi italiani come cabarettista, entra a far parte del cast di “Colorado”, “Zelig” e “Quelli che il calcio”. Finché nel 2013 non decide di mettersi una parrucca a caschetto e uscire su YouTube con “Timidamente io”, il singolo d’esordio. Il suo stile mielato e vintage cozza con dei testi sessualmente espliciti, tanto da conquistare il cuore di Giuseppe Cruciani, che lo fa diventare ospite musicale di punta de “La Zanzara”. Il suo ennesimo tour nei teatri italiani si concluderà a ottobre, ma farà tappa anche al Concertozzo di luglio come special guest. “Lui è un comico professionista”, dice Auroro (che con Sambucco ha anche collaborato), “e sfrutta la musica per trasformare le proprie battute in canzoni, recuperando l’eredità lasciata dai grandi nomi del rock demenziale. E questa è la vera evoluzione del genere”.

Alla fine di questo percorso, torniamo al punto di partenza. All’affetto che spinge ancora oggi migliaia di persone ad ascoltare quella musica e andare ai concerti di chi quel genere l’ha creato. Quel moto di nostalgia che ha fatto erigere, in un giardino pubblico nel centro di Bologna, una grande statua in marmo dedicata a Freak Antoni, ritratto metà uomo e metà gabinetto, con un razzo a propulsione dietro la schiena. Lo si può andare a visitare con lo stesso spirito di chi entra in un museo pieno di opere da ammirare, consapevole che ciò che ha davanti è ormai irripetibile. Non resta che il ricordo. Godiamocelo.