PARLAMI D'AMORE

Mariarosa Mancuso

    L'incidente stradale è il primo motore del cinema italiano. Si scontrano in “Natale in crociera” (Fabio De Luigi e Michelle Hunziker). Si scontrano in Federico Moccia (Raoul Bova e Michela Quattrociocche). Si scontrano in “Parlami d'amore” Silvio Muccino e Aitana Sánchez-Gijón, con l'aggravante del cane (già sfruttata dal cinepanettone) e della pioggia che suggerisce subito asfalto scivoloso e soprattutto melodramma. Lo scontro fa gioco perché due tipi così diversi non si sarebbero potuti incontrare altrove, se non in un film (o nel romanzo firmato da Muccino junior con Carla Vangelista, pubblicato da Rizzoli). Il giovanotto, figlio di genitori drogati che lo hanno cresciuto in comunità di recupero, non ha fissa dimora, non ha amici, svolge lavoro precario. Quando proprio gli viene il magone frequenta un gruppo di supporto. La signora - sposata, francese, provvista di vita interiore (lo si capisce dal fatto che a cena, mentre tutti chiacchierano e si fanno passare il sale, lei fissa un punto lontano) – vive in una bella casa tutta drappeggi. Lui è perdutamente innamorato della stronzetta viziata conosciuta in comunità. Lei teorizza che non esiste donna inespugnabile, dopo opportuno corteggiamento. Ebbene sì, trattasi di romanzo rosa, quelli che una volta erano relegati in apposite collane, e ora girano liberi nei cataloghi. Il film punta più alto. E lo fa con i mezzi del cinema. Grazie al bravissimo – detto e ripetuto, bravissimo – direttore della fotografia Arnaldo Catinari, “Parlami d'amore” non somiglia al solito film italiano. Le inquadrature sono studiate, non semplicemente di servizio. Gli interni non sanno di colla fresca e cartone, paiono vere case. Il tavolo da poker sembra un tavolo da poker che ha avuto una vita sua, e continuerà ad averla mentre noi passiamo alla scena successiva. Merito suo, se Carolina Crescentini vestita da “Portiere di notte” non fa ridere. L'upgrading non si estende ai dialoghi, presi pari pari dal romanzo. Quandi via con “riporto in vita il legno” (per una sistematina al parquet). Muccino, che prima di andare sul set si è ripassato “Dreamers” e “L'assedio” di Bertolucci, spinge al massimo il narcisismo: non c'è scena sua senza capelli in controluce (le vite basse abbiamo smesso di contarle) e chiede alle sue donne di essere truccato. Risposta di entrambe, in tono ispiratissimo: “Quando lo levi, brucia”.