QUESTA NOTTE E' ANCORA NOSTRA

Mariarosa Mancuso

    O è spionaggio industriale, o mancanza di fantasia. L'incidente stradale fa incontrare immancabilmente i protagonisti dei film italiani (a Federico Moccia, a Silvio Muccino e al cinepanettone “Vacanze in crociera” bisogna aggiungere l'ultimo film di Peter Del Monte. “Nelle tue mani”). In gran spolvero sono anche la bara, il becchino cinico o distratto, l'umorismo funeralizio, il cliente ipocondriaco deciso a provare la comodità dell'ultima dimora finché siamo in tempo. Purtroppo sullo sfondo giganteggiano la serie “Six Feet Under”, o il film di Frank Oz intitolato “Funeral Party”: i nostri risultano pallidi tentativi di imitazione. Si apprezza però il fatto che la scaramanzia e i debiti scongiuri non tengano lontani gli spettatori dalle sale: qualcosa è cambiato. Ci sono le pompe funebri nel primo episodio di “Grande, grosso e… Verdone”: la nonna muore alla vigilia della gita, panini e borracce servono per inseguire l'auto con il feretro a bordo, guidata da uno che si deve sbrigare in tempo per il prossimo servizio. Ci sono le pompe funebri in “Questa notte è ancora nostra” (tanto ammiccante nel titolo che più non si poteva). Un'auto nera con i lampioncini laterali che sfreccia per Roma e butta giù la bottega del fruttivendolo – per non parlare della bara che si perde per strada, e i parenti del morto che attendono a lungo piangenti, mentre i parenti degli sposi vorrebbero aver la chiesa libera – fa ridere a colpo sicuro. Fa ridere a colpo sicuro anche il cinese che storpia la lingua: non c'è bisogno di tirare in ballo “East is East” o gli altri film sul multiculturalismo per autopromuoversi a “commedia di costume”. Le commedie prima devono far ridere. L'impresa di azzeccare qualche tratto del carattere nazionale di solito riesce ai registi che se la tirano un po' meno. Nel film sulla Roma italo-cinese, la parte della bella tocca a Valentina Izumi, che se dobbiamo fidarci dell'orecchio e della grafia sembrerebbe un cognome giapponese. La parte dell'innamorato tocca a Nicolas Vaporidis, più interessante con il cappello di quando se lo leva dalla testa. Canta le canzoni di Daniele Silvestri, cerca di sfuggire al padre becchino che davanti agli spaghetti di soia tira fuori l'immaginetta di Alberto Sordi, la bacia, e dice “aiutami tu”. A una battuta non male, ne seguono dieci stanche e risapute. Tanto incassa uguale.