TUTTA LA VITA DAVANTI

Mariarosa Mancuso

    La squadra dei grandi critici è scesa in campo. Scomodando Scola, Monicelli, Fellini, Gloria Swanson in “Viale del tramonto” (però con Sabrina Ferilli), perfino il Charles Schulz della coperta di Linus (per spiegare che Micaela Ramazzotti, uscendo nuda dalla doccia, si copre con l'asciugamanino le tette e resta nuda dalla vita in giù, come Julianne Moore in “America oggi” di Robert Altman). Si registrano anche riferimenti al pensiero di Schmitt e Jünger, che fanno compagnia a Heidegger e Hannah Arendt, previamente molestati da Paolo Virzì per aggiungere un tocco di sciccheria intellettuale alla sua commedia sul precariato. Nell'ultima scena, una bambina in età da annunciare “da grande voglio fare la velina”, dice invece “voglio fare la filosofa”. Gli spettatori di buona volontà escono dal cinema sentendosi migliori, e dandosi di gomito commentano: “vedi, basta levargli la tv, ai ragazzini, guarda come crescono bene”. Gli spettatori che ancora non si sono rassegnati a giudicare il cinema italiano con un metro diverso da quello usato, ad esempio, per il cinema israeliano ( “La banda” di Eran Kolirin è ancora nelle sale, potete constatare di persona) escono dal cinema chiedendosi un'altra cosa. Perché il coretto motivazionale di chi vuole vendere un robot da cucina sta dalla parte del male, e invece il coretto motivazionale di chi vuole far votare Veltroni sta invece dalla parte del bene? Tra “Io sono speciale” (il ritornello che le telefoniste schiave degli sporchi capitalisti cantano nel film) e “I'm PD” (sul sito del PD prima che i Village People mettessero il veto) non si coglie – a occhi e orecchie nude - nessuna differenza. Soltanto sulla voce fuori campo i grandi critici si mostrano perplessi. C'è il fiero sospetto che Virzì lo abbia fatto per dare un'occasione di lavoro per la precaria Laura Morante. E qualcuno tra i filosofi disoccupati dovrebbe prendersi la briga di spiegare al regista che Platone lo avrebbe cacciato a pedate dalla sua città ideale, in quanto fabbricatore di ombre lontanissime dalla Vera Realtà. E va detto che nessuno, tra i classici scomodati a mo' di paragone, avrebbe mai usato un bignami di filosofia e un paio di nomi celebri per far colpo. Il più bravo di tutti è Elio Germano, quando la sceneggiatura (per dieci minuti) resiste al macchiettismo.