IRON MAN

Mariarosa Mancuso

    "Pace significa possedere una clava più grossa del mio nemico”, dichiara Tony Stark, miliardario fabbricante di armi e inventore geniale. La bionda e scollata giornalista incassa, tenta di ribattere elencando le sofferenze del mondo, ripone nel cassetto i suoi principi per infilarsi tra le lenzuola con il mercante di morte niente male. Il mattino dopo – nella meravigliosa villa tutta vetrate a Malibù – una segretaria le porge i vestiti della sera prima lavati e stirati (l'altro fringe benefit è un'auto che la porterà ovunque, meglio se il più lontano possibile). “Tocca a me gettar via la spazzatura”, spiega la tuttofare segretamente innamorata del capo, anche lei bionda ma accollata (Gwyneth Paltrow, tiratissima). Sono i supereroi della Marvel, decisi a non lasciar vivere di vita propria neppure un blockbuster. Oltre a Spider Man, all'incredibile Hulk (prossimamente sugli schermi con Edward Norton che rimpiazza Eric Bana), agli X-Men e ai Fantastici Quattro, nella sua scuderia di cinquemila personaggi – sono i cattivi soprattutto a far numero, l'Uomo Ragno ne ha una fantasmagorica collezione tutta sua – schiera anche l'Uomo di Ferro. Titanio e oro, tiene a precisare quando indossa per la prima volta l'armatura rossa con intarsi dorati (nel film gli va un po' stretta, segue gag con la segretaria che lo sorprende a sculettare come chi cerca di infilarsi nei jeans a pelle). Era un po' più rustico il prototipo, fabbricato durante la prigionia riciclando vecchi missili, prima di sterminare i cattivi e tornare a casa. A differenza di Superman – che nasce super e deve fingersi giornalista per confondersi tra gli umani– o dei supereroi diventati tali per punture di insetti o incauta esposizione a sostanze radioattive, Iron Man – liberamente modellato sul folle Howard Hughes, che al bisogno disegnava reggiseni per Jane Russel – è l'artefice del proprio destino. Fin da quando, prigioniero dei talebani (nel fumetto originale anni Sessanta, i cattivi erano vietnamiti), si costruisce un rudimentale pacemaker per aiutare il cuore malaticcio, attaccandolo a una rugginosa batteria d'automobile da portare sempre sottobraccio. Perfetto ruolo per Robert Downey jr, ripulito dalle droghe ma sempre un po' stropicciato. E per Jeff Bridges, irriconoscibile nella sua calvizie. Stan Lee – più noto come Mr Marvel – fa una comparsata e lo scambiano per Hugh Hefner di Playboy.