IN BRUGES – LA COSCIENZA DELL'ASSASSINO

Mariarosa Mancuso

    Ci sono i turisti intruppati (sono sempre gli altri). Ci sono i colti viaggiatori (sono i più antipatici, Chatwin sottobraccio e fumetto “cosa ci faccio io qui?”). Ci sono i cultori dello slow travel (scrivono libri per spiegare con molte e confuse parole il basilare concetto nonnesco: “Partire è meglio che arrivare”). Il nostro tipo preferito somiglia a Colin Farrell in questo film. A Bruges, la città medievale meglio conservata d'Europa, tutta canali e ponticelli, adottata dall'Unesco come patrimonio dell'umanità, nota come la Venezia del Belgio, e tutto quel che gli esce di bocca, senza neanche alzare gli occhi dal selciato, sono queste definitive parole: “Se fossi un ritardato cresciuto in campagna forse Bruges potrebbe impressionarmi. Ma non lo sono, quindi non mi fa nessun effetto”. Applauso. E grandi applausi al film, scritto e diretto da Martin McDonagh, commediografo irlandese paragonato a David Mamet. Senza sbagliarsi troppo, per quanto riguarda la bravura. Ma il black humour è tipicamente irlandese, come potrete constatare vedendo questa storia originalissima e spassosa, con due killer dublinesi per protagonisti. Colin Farrell – nel film si chiama Ray – è giovane e imbronciato: gli occhietti si illuminano soltanto quando vede un nano sul set di un film (per i nani ha una vera passione: discute come devono essere chiamati, li insegue, cita le pellicole dove compaiono). Brendan Gleeson – nel film si chiama Ken – è più adulto, con una sanguinaria carriera alle spalle, e si trova a dover fare da balia al giovanotto. Entrambi sono in punizione per un incarico male eseguito – dovevano sparare a un prete, c'è stato purtroppo un danno collaterale. A Bruges dovrebbero stare tranquilli per un po', cosa che non accade. Ogni altro accenno sulla trama sarebbe delittuoso. Si può accennare invece alla lungimiranza con cui il Belgio e la città di Bruges hanno gentilmente dato i permessi per le riprese di un film dove i rispettivi nomi sono sempre preceduti da un “fucking”. E dove si ride alla battuta: “I belgi sono famosi per due cose, la cioccolata e la pedofilia; sappiamo che hanno inventato la cioccolata per attirare i bambini”. Lungimiranza, perché la città è diventata simpatica, e i turisti si sono moltiplicati.