LA FRONTIÈRE DE L'AUBE (Cannes, concorso)

Mariarosa Mancuso

    Quante volte ancora Philippe Garrell intende raccontare i sette anni trascorsi con Nico, la cantante dei Velvet Underground (in copertina, c'era la banana di Andy Warhol)? O lei o il 67 + 1: sono queste le fissazioni del regista francese, monomaniaco come un personaggio di Nick Hornby. La prima scena rituffa nell'incubo intitolato “Les amants réguliers”: Louis Garrel – il suo signor figlio, di bell'aspetto e lanciatissimo ma espressivo come una patata – con riccioli e camicia bianca suona a un portone. Fotografa un'attrice bionda, dopo due scatti sono sotto le lenzuola. Ella però beve, forse si droga, finisce in manicomio dove viene sottoposta, oggi, a un elettrochoc peggiore di quello che tocca a Angelina Jolie (nel film di Eastwood e nella Los Angeles del 1928) e muore suicida. “Violon” sta scritto nei titoli di testa, in bianco e nero come il film, e sviolinate saranno. Appena lui si fidanza, la morta compare nello specchio – qualche risata in sala – e gli sussurra “vieni via con me”.