O' HORTEN (Cannes, Un certain regard)

Mariarosa Mancuso

    Sembra di stare a “Innamorato fisso”. Il passatempo di Cannes 2008 è ascoltare il ciuf ciuf delle locomotive. Facoltativo, rispondere a domande sul tipo di motrice, l'anno di costruzione, il numero di ponti di questa o quella linea ferroviaria. Ascolta per diletto un disco di greatest hits da strada ferrata il protagonista di “Settimo cielo”, girato dal tedesco Andreas Dresen. Ecco perché la moglie, sarta a domicilio, passa i pomeriggi a letto con un arzillo settantenne (galeotta fu la misurazione di un pantalone). Qui, il locomotiva quiz correda la cena per il pensionamento di Odd Horten, dopo una sequenza iniziale – alla guida di un treno, una galleria dopo l'altra nella neve – che fa dire a tutti: “Da grande voglio fare il macchinista”. L'uomo è alto e serio, con scatti alla Tati. La Norvegia di Bent Hamer somiglia alla Finlandia di Kaurismaki. Si adottano cani, si esce dalla piscina con un paio di stivaletti rossi con il tacco, si incontrano ragazzini che suonano la batteria e con tamburi e piatti imitano perfettamente il ruomore di una locomotiva, si vedono signori con venttiquattrore scivolare senza slittino sulle strade ghiacciate. Dal regista di “Kitchen” (ispettori svedesi in cucine norvegesi, per calcolare quanti chilometri fa una casalinga) e di “Factotum”, vita di Charles Bukowski con Matt Dillon.