DELTA (Cannes, concorso)

Mariarosa Mancuso

    Prima ti illudono e poi di ti deludono. Tre anni fa l'ungherese aveva portato a Cannes il suo “Johanna”. Era una variazione su Giovanna d'Arco: attualizzata, ospedalizzata, gorgheggiata dal primo all'ultimo fotogramma. Una ragazza drogata, in coma dopo un incidente, guariva i pazienti giacendo nei loro letti, tra flebo e padelle. Non l'avremmo consigliato a chiunque, ma con un po' di passione per l'opera – musiche e libretto erano fantastici – teneva incollati allo schermo. “Delta” mette voglia di fuggire. Da quando il protagonista torna al paesello – alle foci del Danubio, Romania - e tutto procede al rallentatore (curiosità di sapere come si costruisce una passerella attraverso la laguna? noi ora lo sappiamo, e potremmo rifarla in meno tempo). Fabbricata la casetta, il giovanotto si innamora della sorellastra. Ma la passione più insana è quella che il regista coltiva per il buon selvaggio di Jean-Jacques Rousseau.