KUNG FU PANDA (Cannes, fuori concorso)

Mariarosa Mancuso

    Le arti marziali sono rimaste identiche per qualche migliaio di anni e per qualche migliaio di film. Alcuni girati da registi – come Zhang Yimou – che la marcia di avvicinamento verso i wuxia l'hanno cominciata da lontano, raccontando distillatori di sorgo e concubine litigiose prima di inquadrare guerrieri che usano le spade per tagliare in due una goccia d'acqua. La pacchia è finita. Dopo “Kung Fu Panda” non riusciremo più a guardare un combattimento marziale senza ridere. Vale lo stesso per le massime zen, qui allegramente prese in giro. Basta guardare il maestro Shifu, minuscolo nel suo kimono, con orecchie che lo fan somigliare a Yoda, e un treccino sulla nuca che vibra quando è arrabbiato. Non c'è neppure bisogno di aspettare che entri in scena il grasso panda, apprendista venditore di noodles che si trova a fronteggiare Tai Lung, cattivissimo Leopardo delle Nevi che evade dalle segrete con un numero alla Houdini. Animazione incantevole, e gran cast di voci originali. Jack Black doppia il panda. Angelina Jolie doppia la guerriera Tigre. Sfarzosi Palazzi di Giada, e un nuovo detto zen: “La fortuna aiuta i fortunati”.