SAVAGE GRACE

Mariarosa Mancuso

    Nel 1907 Leo Baekeland inventò la bakelite, prima resina sintetica tra tante. Due anni dopo la brevettò, garantendo di che vivere lussuosamente a sé e ai propri discendenti. Anche se non la impariamo a scuola tra le date che hanno cambiato il Novecento, l'invenzione plasmò il secolo più di molti altri grandi avvenimenti, forse a pari merito con la lavatrice. Resina sintetica vuol dire plastica, anche se la bakelite – per antichità, lucentezza, capacità di assorbire il colore - tra le plastiche è la più nobile. Ma una cosa tira l'altra: mezzo secolo dopo arriva il moplen, fabbricato in laboratorio da Giulio Natta, premio Nobel 1963 (da oggi abbiamo catini indistruttibili, garantiva Carosello, ignaro dei problemi di smaltimento venuti poi). Ora la bakelite è roba da collezionisti, che si disputano le radio, i telefoni, i bottoni e la bigiotteria; l'ora del moplen arriverà. Leo Baekeland, americano di origine belga, aveva un nipote che si chiamava Brooks. Il giovanotto sposò una ragazza middle class, decisa a tutto pur di far dimenticare le sue origini di modella (allora era mestiere degradante). Insieme fecero un figlio, ricco sfondato e smisuratamente infelice. “Savage Grace” racconta la loro storia, precisa in tutti i particolari, da gente che non si fa mancare nulla. Confusione sessuale, guerre tra maschi per il possesso della preda (senza farsi venire il sospetto che è una cacciatrice di dote), alleanze alternate, la faccenduola che una regista francese chiamò “L'esame di mezzanotte". Vale a dire, quando gli ospiti se ne vanno, la servitù spettegola e i coniugati per interesse si ritrovano soli in camera da letto. Il meglio della moda anni ‘40, ‘50 e ‘60 sta addosso a Julianne Moore, che nella sfilata fa sempre un figurone, già ammirato in “Lontano dal Paradiso” di Todd Haynes (lo stesso non si può dire di Scarlett Johansson, che nella “Dalia nera” sembrava più bassetta e tracagnotta di quando avanza in scarpe e calzini da tata per Manhattan). Dirige Tom Kalin, che per i delitti americani commessi dai miliardari ha una passione. Nel 1992 aveva girato “Swoon”, sul caso Leopold- Loeb: i due giovanotti di Chicago che negli anni '20 uccisero per dimostrare la loro superiorità. Resta indeciso tra il melodramma alla Douglas Sirk e la tragedia greca, cosa che un po' nuoce.