IN AMORE NIENTE REGOLE

Mariarosa Mancuso

    Molti pianti si sono levati per commemorare la morte dei western (che piacciono solo agli uomini) e altrettanti per la scomparsa delle commedie romantiche (che piacciono solo alle donne). Nessuno piange mai per la morte della screwball comedy, o commedia sofisticata, che assieme al musical è uno tra i più geniali generi autoctoni del cinema americano. La amano i maschi e le femmine che hanno un occhio di riguardo per il divertimento: chi non ride ai battibecchi tra Katharine Hepburn e Cary Grant in “Susanna” (a proposito di palline da golf e ossa di dinosauro) si deve far visitare da uno bravo. In attesa che arrivi il remake di “Donne” – il vecchio lo aveva diretto George Cukor nel 1939; il nuovo lo ha prodotto Mick Jagger, scegliendo Diane English come regista; in mezzo c'è una versione di Rainer Werner Fassbinder ambientata a New York – fa un tentativo George Clooney. Finalmente ha smesso con i ruoli seri o politicamente impegnati, e torna a fare quel che gli riesce meglio: il bello con la battuta pronta. Era qualcosa di più con la reticella in testa, molte scatole di brillantina, una bella canzone come “I'm A Man of Constant Sorrow” da cantare davanti a un microfono d'epoca in “Fratello dove sei?” dei fratelli Coen (ma sono occasioni che non capitano tutti i giorni). Il caschetto in pelle del rugby anni Venti gli dona parecchio, come le imbottiture: da qui la scelta del periodo, che rievoca la nascita del professionismo con le regole. Quando al bar dell'albergo fingendo di leggere un giornale importuna la giornalista Lexie Littlelton – in cappellino con la piuma, arrivata lì per seguire le partite di un bellone appena passato professionista, e scoprirne i segreti da spiattellare sul giornale – fa la sua bella figura. Altre scene del film, più compiaciute, cercano di imitare “Prima pagina”, nella versione bisex con Rosalind Russel e Cary Grant del 1940 (“His Girl Friday”, vale a dire “la sua Venerdì” nel senso di Robinson Crusoe, da noi “La signora del venerdì”). “Hai scelto me perché ho le gambe più belle?” chiede la cronista. “No, ho scelto te perché sei la più brava. Le gambe più belle le ha il tuo vicino di scrivania” risponde il direttore. Le gambe di Renée Zellweger sarebbero all'altezza. I dialoghi e le schermaglie pure. Sono le sue smorfie che non si reggono.