NELLA RETE DEL SERIAL KILLER

Mariarosa Mancuso

    Tutto quel che sappiamo sui computer e la navigazione in rete, sfruttato per costruire un horror che spaventa e non annoia (come da contratto con lo spettatore). Con meno gergo tecnico, ripulito da qualche scena didascalica che il regista (pur proveniendo dalle migliori serie tv) si lascia scappare, “Nella rete del serial killer” sarebbe stato un perfetto film di serie B. Tutto sul web lascia tracce, ma esistono complicati sistemi per cancellarle (o almeno confondere l'inseguitore). Qualcuno usa internet per fidanzarsi, altri per guardare gli spezzoni dei programmi Mediaset su YouTube, parecchi per il porno (casalingo o professionale), un buon numero cerca immagini macabre: spettacolari incidenti stradali, suicidi ripresi da telecamere di sorveglianza, cadaveri sfigurati e volendo autopsie. Il manichino sulla sedia elettrica, da poco sequestrato in un luna park milanese, era robetta per dilettanti. Siamo negli uffici dell'FBI, unità che snida i cyber-criminali. Significa notti passate davanti al computer, saltabeccando da un sito all'altro, inseguendo i sassolini che ognuno di noi si lascia dietro come Pollicino nel bosco. La situazione mette i brividi più di qualunque “Minority Report”: sappiamo che avviene adesso, non in un futuro più o meno prossimo; possiamo solo sperare che nessuno sia interessato a quel che scriviamo nella nostre e-mail, o al furto della nostra identità. La cyber-poliziotta è Diane Lane, con figlia e madre a carico (il marito ha già combattuto la sua eroica battaglia). Una sera in ufficio arriva la soffiata a proposito di un sito chiamato “KillWithMe?”. La radiografia di uno sconosciuto con un buco nel cranio e gli occhiali ancora sul naso accoglie i visitatori. Una telecamera inquadra un gattino, che finirà malissimo. Il giorno dopo al posto del gattino c'è un uomo, saldamente legato e imbavagliato, pronto per una tortura da “Il pozzo e il pendolo”. Con il fattivo contributo di tutti noi: più persone andranno a visitare il sito – per curiosità, per lasciare messaggi sdegnati manifestando orrore e raccapriccio, per indagare sul colpevole, per scriverci un articolo, per dire “come siamo finiti in basso”, o semplicemente per sbirciare, come accade quando capita un incidente stradale nell'altra corsia – più velocemente l'uomo morirà. Semplice. Da ripetere più volte. Finché la telecamera inquadra un distintivo dell'FBI.