UN GIORNO PERFETTO

Mariarosa Mancuso

    Dio sta nei dettagli, il diavolo pure, un certo cinema italiano con i dettagli che rendono una storia credibile proprio non vuole averci a che fare. Guarda all'arte sublime, e crede che il lavoro di precisione sia roba da mestieranti. In “Caos calmo”, Isabella Ferrari era una signora ricca ed elegante, del tipo che si fa salvare la vita da uno sconosciuto e neppure ringrazia (salvo poi scoprire che il consorte, ancor più cinico, aveva cercato di dissuadere dal gesto eroico i soccorritori). In “Un giorno perfetto”, Isabella Ferrari è una moglie separata che lavora al call center e non sa cosa mettere nel piatto delle creature quando scocca la quarta settimana. E' mai possibile che l'attrice abbia lo stesso aspetto, e anche la stessa pettinatura, nell'uno e nell'altro film? Non si pretende il mimetismo, accento compreso, delle star americane – senza arrivare a Meryl Streep, almeno a Anne Hathaway che nel “Diavolo veste Prada” è bruna e in “Rachel Getting Married” ha le mèches bionde – ma un pochino di aiuto per sospendere l'incredulità sarebbe gradito (oltre che compreso nel prezzo del biglietto). Personaggi credibili, anche dal punto di vista estetico e guardarobiero - mica tutte sono Anna Magnani - fanno parte dei diritti dello spettatore: decalogo che nessuno ha ancora compilato, scopiazzando i “diritti inalienabili del lettore” by Daniel Pennac, ma di cui sentiamo un gran bisogno (tra gli obblighi delle attrici, farsi tingere i capelli color topo, se necessario). I bambini si lamentano perché la mamma li porta a scuola con la minigonna, e una minigonna addosso alla mamma non la vediamo mai. E se un personaggio si trova in lavanderia, glielo vogliamo mettere in mano un pacco di mutande e camicie sporche? Se no, viene il sospetto che lo sceneggiatore ha preso lo stipendio senza lavorare. Voce dal fondo, alterata dalla rabbia: “Il film di Ferzan Ozpetek, come il romanzo di Melania Mazzucco, racconta lo smarrimento dell'uomo contemporaneo, il tradito che diventa violento, e tu, miserabile critico, stai a fare i conti della serva, controllando se la moglie stuprata nel canneto (citazione da “Rocco e i suoi fratelli”, l'hai capito o sei ignorante?) ha i collant senza smagliature?”. Già dietro la lavagna con le orecchie d'asino, consola il fatto che stavolta non siamo stati i soli ad avanzare qualche critica.