MADAGASCAR 2

Mariarosa Mancuso

    Fornisce abbastanza materiale per qualche tesi di laurea, da intitolarsi “Sul buon uso delle citazioni”. Capitolo primo: il pinguino e la ballerina hawaiana. I pinguini del primo “Madagascar” (molto meno bello, quasi una prova generale per caratterizzare i personaggi) ora fanno gli ingegneri e i piloti aeronautici. Devono riportare a New York gli animali dello zoo, finiti in Africa mentre volevano sperimentare qualcosa di selvaggio in Connecticut. Uno di loro si porta dietro, e ogni tanto sbaciucchia, una ballerina in plastica con un fiore tra i capelli, ancheggiante grazie a una molla. L'idea viene da un cortometraggio Pixar dell'89, sei anni prima di “Toy Story”. L'amore impossibile tra un pupazzo di neve nella sua boccia di vetro e la sua vicina sulla mensola dei souvenir: una bamboletta in bikini e occhiali da sole che preferiva senz'altro lo scheletro surfista (“Saluti dalla Death Walley”). L'uomo di neve le tentava tutte, dalla fiamma ossidrica alla dinamite, restando sempre tragicamente prigioniero. Oltre a godersi la sua ballerina, il pinguino capo (capitolo due della tesi), rifà “La grande fuga”, “Il volo della fenice”, “L'aereo più pazzo del mondo”, e qualsiasi altro film hollywoodiano con qualcosa che vola. Oltre ai loro soliti guai, il leone Alex, la zebra Marty, la giraffa Melman, l'ippopotamo Gloria (nell'ordine: sindrome da Truman Show, inquietudine da mezza età, ipocondria, pinguedine che ostacola la ricerca del grande amore) hanno nel sequel una grave crisi di identità. In Africa, a differenza che allo zoo, ci sono molti leoni, molti ippopotami, molte giraffe e molte zebre. Alex ritroverà pure la famiglia (dal “Re Leone” della Disney, non c'è felino che non abbia qualche problema con la successione e gli usurpatori). Poiché il genio non riposa, il cappello della vergogna imposto al leone sconfitto è un “Tuttifrutti Hat” preso dal guardaroba di scena di Carmen Miranda: uva, banane, ananas, altra frutta esotica a completare l'alzata. Vengono maltrattate parecchio le vecchiette, come accadeva in “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”. Ma qui sono di New York, parecchio affezionate alla propria borsetta, fedeli spettatrici di “Lost” e di “Survivor”. Al capitolo “Conclusioni” (obbligatorie in una tesi di laurea), molti applausi e la lode, per chi è riuscito a ficcare tutte queste cose in un film adatto ai bambini.