LA MATASSA

Mariarosa Mancuso

    Non è un refuso, i registi sono davvero tre. La premiata ditta comica di “Il 7 e l'8”, che raccontava uno scambio di bambini in culla scoperto quando ormai uno di loro era diventato un ladruncolo e l'altro un giovane perbene (conta più la natura o l'educazione? si chiedevano già i due vecchietti miliardari, scommettendo un misero dollaro, in “Una poltrona per due”, dopo aver sistemato un mendicante nero al brokeraggio e un finanziere bianco alle elemosine), si dirige da sola. Con l'aiuto – non decisivo – di Giambattista Avellino, regista di “Un posto al sole” e romanziere con “Il cono di luce del futuro dell'evento” (prefazione di Giancarlo De Cataldo, sarebbe interessante sapere quante copie si vendono con un titolo simile). Peccato, perché Ficarra & Picone un buon talento comico ce l'hanno: giuste le facce (uno buono e ingenuo, l'altro più sveglio e furbo), giusti i tempi degli sketch, giusta mescolanza tra gag tradizionali e gag aggiornate ai tempi moderni, tra battute sull'ipocondria e inseguimenti in motorino, tra citazioni da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e e riprese da altri classici del ridere. “La matassa” sta per il litigio che oppone, da una ventina d'anni, le famiglie di Gaetano e di Paolo. Da piccoli giocavano sempre insieme, prima che i genitori – il motivo ormai nessuno lo ricorda – decisero di non parlarsi più. Questioni di roba, non c'è bisogno che Luigi Pirandello lo suggerisca. Nella fattispecie, un albergo dall'atroce arredamento, che tra tangenti e ruberie degli impiegati va malissimo. Per esempio: un solo regista in carica con pieni poteri avrebbe tolto di mezzo i flash back sull'infanzia dei cuginetti (la nostalgia ammazza la comicità, e questa è già abbastanza garbata, servirebbe piuttosto un po' di crudeltà). Funziona molto meglio l'agenzia matrimoniale, che procura vecchietti in là con gli anni, ma provvisti di cittadinanza italiana, alle immigrate (segnalano gli infermieri, che contrattano il prezzo). Si ride per qualche barzelletta sui carabinieri e sulle forze di polizia aggiornate ai tempi dei telefonini e del fumo proibito. O per la gag dei tre mafiosi che scrivono un pizzino e se lo passano di mano in mano, un pizzino con tempi da quiz televisivo o da talent show (la tre? sicuro che vuole la tre?). Succede a Catania, che fornisce anche la metropolitana per il classico inseguimento.