RIUNIONE DI FAMIGLIA

Mariarosa Mancuso

    Il danese è tornato in gran forma, evviva. Forse ci consolerà anche del momentaccio che sta passando il suo compagno di Dogma Lars von Trier: depresso, ha riununciato al terzo capitolo della trilogia americana – dopo “Dogville” e “Manderlay” era in programma “Washington” – per votarsi al porno horror. Ma le prime immagini di “Antichrist”, a parte lo scandalo per il sedere in vista (e non solo) di Willem Dafoe che si accoppia con Charlotte Gainsbourg mentre il figlioletto precipita da una finestra, non mettono una gran voglia di vedere il nuovo film. Il danese è tornato in gran forma con un'altra storia di famiglia, come “Festen” che lo lanciò una decina di anni fa: un compleanno del patriarca dove tra un brindisi e una tartina venivano svelati atroci segreti, mentre il personale di servizio faceva il tifo per l'uno o per l'altro. Le cucine sono sempre in vista, con uno chef svedese (vicini che i danesi disprezzano, lo sappiamo da “The Kingdom”). Per galvanizzare la brigata impone riti maori, seccatissimo con i clienti che non apprezzano abbastanza i suoi piatti sofisticati e chiedono uova al burro. Deve preparare il banchetto per i 750 anni della città, da celebrarsi con l'intervento di un cantante d'opera che torna vincitore dopo i successi internazionali. Il posto è piccolo, il personale dell'albergo coinvolto a vario titolo nelle faccende personali della star: ne esce un girotondo sentimentale e tragicomico messo in scena con grazia mozartiana. Per nulla somigliante alla più tremenda battuta di “Festen”, quando il padre pedofilo, al figlio che gli chiedeva “perché lo hai fatto?”, rispondeva “non eravate buoni a nient'altro”. Thomas Vinterberg rimane convinto che la famiglia sia un nido di vipere, con madri che si scoprono lesbiche, padri suicidi, figli con balbuzie da trauma. Ma sa benissimo mettere tutto in farsa, girando una commedia degli equivoci di grande divertimento, con un occhio ai rapporti tra padroni e servitù degno del bellissimo (e perfido) “Gosford Park” di Robert Altman. Probabilmente gli fa bene la ritrovata aria di casa: i suoi due film con cast e ambientazione internazionale, “All About Love” e “Dear Wendy”, erano piuttosto raffazzonati. Qui tutto funziona a meraviglia: attori da cui non riusciamo a staccare gli occhi, durata giusta senza tempi morti, sfondi da favola.