VINCERE

Mariarosa Mancuso

    Cos'ha di interessante la storia di Ida Dalser, forse moglie segreta di Benito Mussolini e sicuramente madre di suo figlio Benito Albino, al di là della dinamica tra un qualunque uomo bigamo e una qualunque donna fiduciosa che vende il suo salone di bellezza, i gioielli e le case per finanziare i sogni di lui, senza farsi garantire da un matrimonio? La risposta, purtroppo, non si trova nel film, fin troppo curato nella confezione e nella fotografia di Daniele Ciprì debolissimo nella drammaturgia. “Vincere” ricaccia le parole in bocca al Carlo Emilio Gadda di “Eros e Priapo” e al Giancarlo Fusco di “Mussolini e le donne”. Altro che maschilismo, altro che sveltine, altro che brutalità: le prime scene inquadrano i due amanti che si rotolano teneramente e lungamente tra le lenzuola. Anche il giorno della dichiarazione di guerra che segnò l'inizio della fine. Ida va a trovare Benito in ospedale, e al capezzale trova Rachele. Le musiche di Carlo Crivelli sono onnipresenti: accompagnano le conversazioni, le molte scene da manicomio maschile e femminile, la proiezione dei cinegiornali e del lacrimoso “Monello” di Chaplin.