LA RIVOLTA DELLE EX

Mariarosa Mancuso

    Le commedie da non perdere sono “Una notte da leoni” (Las Vegas, addio al celibato, un brindisi di Jagermeister che cancella la memoria, un moccioso nella suite e una tigre nel bagno, come saranno arrivati lì?) e “La ragazza del mio migliore amico” (padre e figlio che si tramandano l'arte di trattar male le ragazze: il primo insegna Women's Studies all'università, il secondo combina appuntamenti tanto disastrosi che le poverette tornano dal fidanzato buono e un po' noioso appena lasciato perché troppo buono e noioso). “La rivolta delle ex” si può perdere, se non altro per la presenza dell'attore saponetta Matthew McConaughey. Forse non somiglia esattamente, come scrive Melissa Anderson sul Village Voice, a “il video di un matrimonio girato dal cugino ubriaco”. Mark Waters aveva diretto “Mean Girls”, sceneggiato da Tina Fey, rendendo un buon servizio a Lindsay Lohan e al saggio sul bullismo femminile che aveva ispirato il film. E la coppia di sceneggiatori, Scott Waters e Jon Lucas, ha in curriculum più commedie romantiche – da “Due single a nozze” a “27 volte in bianco” – di quanto sarebbe lecito aspettarsi da due maschi. Ma “La rivolta delle ex” non ha quasi nulla di originale, e nulla di veramente spassoso. Il fotografo Connor Mead – che offre tutto l'agio per verificare come la saponetta sia un po' stempiata, e nessuno invecchia male quanto gli attori con una sola espressione – pensa che il matrimonio sia molto peggio di una tomba: è un loculo in cui uno si chiude volontariamente, scegliendo una ragazza e lasciando tutte le altre. Si reca dal fratello che sta per convolare a nozze, e cerca di dissuaderlo. Non esiste film di questo tipo di cui non si conosca già il finale, con scoperta del grande amore, pentimento, e marcia nuziale (sono fatti per le femmine, come dovrebbero finire?). Cambia solo il modo di arrivare alla “maledetta navata” (così diceva Cameron Diaz in “Tutti pazzi per Mary”, disposta a uccidere chiunque si fosse frapposto tra lei e la sua coroncina bianca). Per far ravvedere il fotografo sciupafemmine, udite udite, servono i fantasmi. Prima gli rovinano le nottate, poi cercano un residuo di coscienza per tormentargliela, infine cercano di risalire al momento in cui la deriva verso il libertinaggio è cominciata, tentando una marcia indietro. Sono tre, come i fantasmi che visitano Scrooge nel Canto di Natale dickensiano.