ASPETTANDO IL SOLE

Mariarosa Mancuso

    La commedia nera in Italia si pratica di rado. Ai registi e agli spettatori piacciono generi meno difficili da maneggiare: se si ride, si ride e basta; se si piange, si piange e basta, se si rischia il diabete per la troppa melassa, si rischia il diabete per la troppa melassa, ma guai a tentare mescolanze. Ago Panini – debuttante sul grande schermo dopo pubblicità e videoclip – rischia il difficile genere, con un cast generoso e ben sfruttato, dove nessuno fa la parte che ci aspetteremmo. Ambienta il film negli anni Ottanta, tutto in una notte e tutto in un albergo piuttosto scadente: basta dire che Giuseppe Cederna, alla reception con una giacca verdolina sotto il neon, tiene per compagnia un allevamento di termiti. All'hotel Bellevue vanno perlopiù rappresentanti di commercio, arrivati nei dintorni per un'importante fiera di vacche. Ci finiscono Claudio Santamaria e Michele Venitucci, balordi in cerca di sigarette, mentre l'amico rimasto in macchina si è addormentato dentro, e non si riesce a svegliarlo. Nelle stanze, coppie clandestine e rapinatori che hanno sbagliato il colpo, un depresso che nasconde un cagnolino (e non sappiamo se fa il killer o il rappresentante di mangimi), un tizio che cerca di non farsi piantare dalla moglie (Raoul Bova: ecco un esempio di casting fatto infrangendo gli stereotipi). Pensate al motel dove Will Smith, in “Sette anime”, va a suicidarsi (oppresso dal senso di colpa e dalla voglia di espiazione): stesso squallore, stessa moquette che avrebbe bisogno di essere cambiata. Ma qui, a differenza del lacrimevole kolossal gabrielemucciniano, trionfa il cinismo. E soprattutto ci sono le storie: non originalissime, magari (gli unici che ancora credono si possa inventare qualcosa al cinema sono i giurati berlinesi del premio Alfred Bauer, per chi “apre nuove strade nell'arte cinematografica”), ma abbastanza ben congegnate. Senza tempi morti, e con la giusta autoironia. Specialmente quando entriamo nella stanza dove girano un film porno. Gli attori sono Corrado Fortuna, con i baffetti da seduttore siculo, e Vanessa Incontrada, in arte Kitty Galore. Il regista con il berretto a scacchi (a Bebo Storti manca solo il megafono per somigliare a Cecil B. De Mille), parla di Leonida e annuncia il suo prossimo film: “I 300 vanno a Troia”. Nel montaggio e rimontaggio, il film arriva in sala dopo molte traversie, sopravvive purtroppo una seriosa dichiarazione di intenti.