SEX MOVIE IN 4D

Mariarosa Mancuso

    Viva Roger Ebert. Sul Chicago Sun-Times (e nella ricchissima raccolta di recensioni leggibile sul sito) trova sempre un modo nuovo per dire cose vecchie. Problema che tocca tutti, prima o poi. Per esempio quando arriva sullo schermo l'ennesimo film italiano debole di sceneggiatura o di recitazione. Oppure – come in questo caso – quando alle poche sale aperte nei giorni ferragostani tocca l'ennesima commedia adolescenziale, neanche diretta da Judd Apatow o da uno della sua banda (ora abbastanza ben posizionati negli incassi dell'estate americana con “Funny People”: la storia di un comico che sta per morire e cerca un discepolo). Protagonista di “Sex Movie in 4D” – se ha un doppio senso sessuale a noi è sfuggito, mentre l'originale “Sex Drive” lo abbiamo capito, e ci siamo divertiti a leggere sul manifesto originale “ruder, cruder, nuder” – è un diciottenne ancora vergine. Lo aiutano a lanciarsi un'amica di cui è segretamente innamorato e un amico mandrillo con tutte le pon pon girls ai suoi piedi. La difficile impresa richiede l'attaversamento di molti stati a bordo di una GTO 69 (questo doppio senso invece lo abbiamo capito), la perlustrazione dei social network, una tappa all'orgia annuale degli Amish. Cosa non si fa per trovare sfondi nuovi allo scatenamento ormonale, dopo che “American Pie” insidiava con proposte oscene alla torta di mele appena uscita dal forno, e dopo che “40 anni vergine” ha fatto la parodia ai film passati e futuri. Viva Roger Ebert, dicevamo. Per questo film, mentre noi ci stavamo tormentando (è vero che le recensioni d'estate non le legge nessuno, ma mettere in fila un'altra volta le parole “commedia sboccata adolescenziale” offende anche l'unico lettore che passa Ferragosto in un posto dove piove), tira fuori una frase geniale: “Non è un film che contiene battute pesanti. Sono le battute pesanti che contengono il film”. Più preciso non si può, sappiate che anche i pupazzi a forma di ciambella sono superdotati. A complemento, va detto che nonostante la partenza a razzo scorreggiante, il film – tratto da “All the Way”, romanzo di Andy Behrens destinato alla sfuggente categoria degli young adults, con meno doppi sensi – tenta un'improvvisa sterzata verso la commedia romantica. E naturalmente esce di strada alla prima curva.