LA CUSTODE DI MIA SORELLA

Mariarosa Mancuso

    Il dibattito su quel che i bambini e i ragazzini possono vedere al cinema senza danni occupa incessantemente le menti degli psicologi e le associazioni dei genitori, per tacer delle autorità ministeriali preposte. Tutti evidentemente hanno dimenticato – o fingono di farlo per amor di dibattito in tv o titoloni sui giornali, o in nome di un interesse superiore alla John Wayne (“è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare”) – certe scene che le generazioni precedenti hanno visto senza danni, e oggi sarebbero vietate. La mamma del cerbiattino Bambi muore uccisa dai cacciatori, i giovani spettatori del 1942 (più tutti quelli che hanno visto il film fino a oggi) mica sono in analisi da quel giorno fatale. Mary Poppins volava con l'ombrello sopra Londra, non si registrarono tentativi di imitazione tra i ragazzini del 1964 (incitò più giovani al suicido la lettura del “Giovane Werther” di Goethe). “La custode di mia sorella” è vietato – anzi “inibito”, così si esprime la Commissione ministeriale – ai minori di 14 anni. Vediamo una bambina malata di leucemia, una mamma decisionista, un dibattito neanche troppo sottinteso sul dovere dei malati gravi a vivere finché medicina vorrà, un dibattito parallelo sul diritto a fabbricare bambini per curarne altri, spietati dettagli sulla chemioterapia. Prima di gridare allo scandalo e deplorare la censura, bisogna però sapere che il film di Nick Cassavetes, figlio di John e di Gena Rowlands, andrebbe vietato a tutti. Non per le cose che mostra, ma per come le mostra: pornografia del dolore, con largo uso di musica e ralenti, è il termine esatto. Spiace per gli illustri genitori, ma le tendenze strappalacrime del loro figliolo erano già in “Le pagine della nostra vita”: James Garner leggeva pagine da un diario a Gena Rowlands con l'alzheimer, e lei non capiva fino alla fine che si trattava della loro grande storia d'amore coniugale (una sonata di Chopin, le famiglie ostili per la differenza di classe, lo spettatore esaurisce le lacrime e non siamo nemmeno a metà). Abigail Breslin di “Little Miss Sunshine” è la sorella minore fabbricata in provetta per fornire alla leucemica cellule staminali e midollo spinale. Ora servirebbe un rene, ma lei va dall'avvocato e chiede l'emancipazione medica. All'apparire dei gabbiani sulla spiaggia, lo spettatore superstizioso fa gli scongiuri.