COSMONAUTA

Mariarosa Mancuso

    Il catalogo è questo, aggiungiamo la mappa con i numeretti. “Il grande sogno”, autobiopic sugli anni giovanili di Michele Placido, sta nella colonna a fianco, mentre già si annunciano le proiezioni con dibattito, organizzate da Micromega come dai circoli Ezra Pound. “Le ombre rosse”, sedicente autocritica di Citto Maselli alla sinistra afflitta da massimilianifuksas e rossanerossanda, sta appena più sotto tra i ripescaggi. Vale la pena di ricordare che Maselli dedica il film a Sandro Curzi (mentre Placido dedica il suo a Dino Boffo, che “incarna il vero spirito del 68”) e al Lido ha già ricevuto due premi: il Pietro Bianchi e l'Arcobaleno Latino. “L'oro di Cuba” – dove Giuliano Montaldo celebra i 50 anni dalla rivoluzione castrista, sottolinea la bellezza di Fidel e di Che Guevara, esprime l'augurio che finalmente Guantanamo sparisca – uscirà in Dvd il prossimo 14 ottobre. Lasciando perdere Oliver Stone e Michael Moore, che comunisti vorrebbero diventare a pieno titolo, ma essendo americani non hanno cominciato abbastanza da piccoli per mimetizzarsi totalmente (per ora si accontentano di celebrare i dittatori latinomericani e ricordarci che Gesù era nato in una grotta), la cartina si completa con “Cosmonauta” di Susanna Nicchiarelli. Prologo nel 1957, quando Luciana scappa dalla prima comunione urlando “sono comunista”. Stacco sulle sezioni del Pci anni Sessanta, e parallele sezioni giovanili. Luciana partecipa ai dibattiti, attacca manifesti, si innamora, sente usare la parola “socialista” come il peggiore degli insulti, propone mozioni sulle donne cosmonaute (astronauti non si dice perché la usano i nemici americani, alla rincorsa dei sovietici che hanno battuto un po' di record in materia). L'operazione nostalgia funziona abbastanza bene. Forse perché la regista, debuttante con la benedizione di Nanni Moretti, è nata nel 1975, quindi non vanta ricordi personali dell'età dell'oro. Sicuramente perché ha lavorato sulla sceneggiatura, inframmezzata da troppe immagini di repertorio (cagnetta Laika, Valentina Tereshkova, Stalin). Dopo battute come “Faranno i funerali civili anche a Laika, come al papà comunista?” oppure “Al cineforum hanno spaccato tutto quando hanno capito che il film era muto”, le scene affidate solo alla colonna sonora – cover di Rita Pavone, Caterina Caselli, Little Tony – spremono la lacrimuccia.