LOURDES

Mariarosa Mancuso

    Alla fine di questo viaggio verrà assegnato un premio al miglior pellegrino” spiega la suora nell'elegante divisa biancorossa dell'Ordine di Malta. Subito Jessica Hausner stabilisce il tono del film: crudele come raramente se ne vedono e abbastanza complicato da aver vinto all'ultima mostra di Venezia un premio assegnato dai critici atei e un premio assegnato dai critici cattolici (è evidente che uno dei due gruppi si sbaglia, ha capito male, è stato tratto in inganno dal rigore delle immagini e dalla perfetta sceneggiatura che mai cede a un momento di banalità). Nulla faceva immaginare un simile exploit nella carriera della regista austriaca, nata a Vienna nel 1972. Dei film precedenti – strettamente da festival – ricordiamo che “Lovely Rita” (2001) era una commedia adolescenziale, e che “Hotel” (2004) era un thriller esistenziale: quasi tutte inquadrature nel corridoio di un albergo, dove una cameriera assunta per sostituire una ragazza scomparsa camminava a lungo prima di scambiare qualche parola con rari interlocutori. “Lourdes” racconta il pellegrinaggio di Christine, in sedia a rotelle per un'incurabile malattia. Spera nel miracolo, come tutti i pellegrini attorno a lei, pronti a immergersi nella grotta e a intensificare le preghiere. Tra i meriti del film, l'attenzione al dettaglio mondano. Nulla di quel che accade durante il pellegrinaggio si discosta in maniera significativa da un qualunque viaggio organizzato: simpatie, antipatie, barzellette raccontate quando non si trova di meglio da fare. L'umanità dolente e credente non appartiene a un mondo separato e neppure totalmente spirituale (come racconta anche l'altro punto di riferimento contemporaneo sul luogo dei miracoli: il romanzo “Lourdes” di Rosa Matteucci, uscito da Adelphi). Da qui il premio al miglior pellegrino, la proposta di una gita in montagna per i paralitici, gli sguardi che le persone si scambiano prima di entrare nella grotta, dove ognuno prega per sé, e vorrebbe tanto assistere a un miracolo. Purché naturalmente il miracolo non guarisca qualcun altro considerato meno meritevole. Il treno orvietano per Lourdes raccontato da Rosa Matteucci era rumoroso e disordinato. Jessica Hausner sceglie il grigio, e basta guardare come sistema i pochi tocchi di rosso per restare ammirati – oltre che dalla vicenda – dalla composizione delle scene.