LA PASSIONE

Mariarosa Mancuso

    Può essere che le belle commedie non si facciano più perché non rimane più nessuno in grado di riconoscerle. Certe recensioni sembrano fatte in anticipo, con il bilancino: Mazzacurati è in quota sinistra, meno impegnato però di Martone; Silvio Orlando dopo la coppa Volpi è l'attore che il mondo ci invidia; la trama è priva di metafore (sullo schermo, nelle intenzioni non sappiamo); alla fine appare Gesù. Risultato: sopracciglio in subbuglio e tiepidi entusiasmi. Auguriamo quindi incassi miliardari, premi del pubblico, riconoscimenti internazionali a “La passione”, l'unico film italiano di questi anni che insieme a “Oggi sposi” ci abbia fatto ridere. Se li merita, anche se ogni pezzo della trama è riconducibile a un film già visto, in una gamma che va da “Nel bel mezzo di un gelido inverno” di Kenneth Branagh a “To Die For” di Gus Van Sant, da “Tutta colpa di Giuda” di Davide Ferrario a “Frankenstein jr” di Mel Brooks (con il forte accento tedesco che da noi rimanda al soft porno), per citare i primi che vengono in mente. Carlo Mazzacurati se la prende con i suoi: i registi in crisi perché da tempo non riescono ad azzeccare un film, facili prede delle attrici televisive che vogliono fare il grande passo e abbandonare le fate, le marchesine, le poliziotte a cui devono la loro popolarità (nella parte di se stessa, Cristiana Capotondi, il personaggio si chiama Principessa Laurina). Aggrava la sciagura “l'albero di Repubblica”, uno di quei disegni a tutta pagina che illustrano i gruppuscoli politici, letterari, critici e cinematografici. Gianni Dubois è fuori, non l'hanno messo neanche su un ramo secco, o tra i cespugli del cinema italiano che conta qualcosa. Una perdita nella casa di campagna ha rovinato un affresco della vicina chiesa, la sindachessa Stefania Sandrelli esige un risarcimento in natura: la regia della processione pasquale, prevista di lì a una settimana. Per questo Corrado Guzzanti, gran gigione rubato alle previsioni del tempo, pronuncia la fatidica frase: “Prima che il gatto canti, uno di voi mi tradirà” (nelle scuole e al comune manca la fotocopiatrice, i copioni sono scritti sotto dettatura dagli allievi delle elementari, ogni tanto qualcuno sbaglia). Giuseppe Battiston ha studiato teatro in carcere, non vede l'ora di praticare a piede libero. Noi guardiamo il monocorde Silvio Orlando e pensiamo che il ruolo del regista era perfetto per Valerio Mastandrea.