WE WANT SEX

Mariarosa Mancuso

    Erano poco esperte di striscioni e manifestazioni, non avevano mamme suffragette o reduci dal '68 pronte a dare consigli (tre giorni fa alla radio ne abbiamo sentita una lamentare il fatto che il povero figliolo fosse costretto a occupare una scuola nel bel mezzo del gelido inverno, e chissà se si era messo la maglia di lana), Internet che insegna ogni cosa non era ancora stato inventato. Così le scioperanti della fabbrica Ford di Dagenham, a Londra per far valere le loro ragioni davanti al Parlamento, non srotolano bene lo striscione. Invece di “We Want Sex Equality” si legge solo “We Want Sex”, tra gli ammicchi dei passanti e le strombazzate dei tassisti. Era il 1968, alla fabbrica lavoravano 55.000 uomini alla catena di montaggio e 187 donne addette alla cucitura dei sedili. Relegate nell'ala più vecchia dell'edificio, quando pioveva servivano i catini. Quando non pioveva, cucivano in sottoveste (un'operaia stava di vedetta gridando “maschi” quando si avvicinava il caporeparto). Le operaie vennero declassate a non specializzate, con il solo scopo di pagarle meno: fu la scintilla che fece scoppiare la lotta per la parità salariale. Il sindacato non collaborava, invitando alla calma e alla pace familiare (ogni trattativa era tirata in lungo, per godere dei ristoranti di lusso messi in conto all'organizzazione). L'agitatrice delle femmine si chiama nel film Rita O'Grady (Sally Hawkins, la brava attrice scoperta da Mike Leigh in “La felicità porta fortuna”), vestita con i tacchetti anni sessanta e cotonata di conseguenza (per il grande scontro, sceglierà un vestito di Biba, prestato sottobanco dalla moglie del dirigente Rosamund Pike, Miriam in “La versione di Barney”, uscirà il 14 gennaio). Il regista Nigel Cole si era fatto notare con “Calendar Girls”, anziane signore che a scopo benefico posano nude per un calendario, coperte solo dalla macchina per cucire o dalle mele appena raccolte. Il film, non originalissimo, è ben scritto, ben diretto, ben recitato, difende una giusta causa ed è anche divertente, quel tipo di pellicole che una volta facevano scattare il passsaparola, esteso fino alle scomparse terze visioni. Magnifica Miranda Richardson nella parte della deputata Barbara Castle, decisa e piena di humour britannico. Ritratto di un tempo ormai passato in cui una donna, in politica, dava una mano alle altre senza litigarci.