TRON LEGACY
Algoritmi genetici, teletrasporto quantico… la scienza, la medicina e la religione non saranno mai più quelle di prima”. Tra i minacciosi giri di frase che fanno precipitare a zero il nostro interesse per una storia, questo sta in ottima posizione. L'abbiamo sentito in “Tron Legacy”, seguito del giocattolone di culto diretto da Steven Lisberger 28 anni fa. Sappiamo che ebbe una parte importante nella formazione di John Lasseter, ora boss della Pixar in camicia fiorata a maniche corte. Non ne ha avuta altrettanta nella nostra, di formazione, a parte la presa d'atto che per la prima volta attori in carne e ossa si muovevano in un mondo fabbricato interamente al computer, non sugli sfondi dipinti o i pianeti di cartongesso o le finte astronavi dei soliti film di fantascienza. Le parodie e le citazioni di quell'universo azzurrognolo rinfrescano continuamente la memoria: da “South Park”, che immagina uguale a “Tron” l'interno di Facebook, alle magliette indossate dai personaggi di “The Big Bang Theory”. L'idea di un mondo virtuale dotato di vita propria, con combattimenti da gladiatori, non ci entusiasmò più di tanto: tra le realtà virtuali c'è anche il cinema, parecchio più divertente, e avevamo studiato abbastanza filosofia per capire che tra il sogno e la realtà anche una testa lucida come Cartesio faceva un po' di confusione (e perfino Calderón de la Barca, nel 1635, aveva già scritto su un dramma in tre atti sulla delicata materia: il principe Sigismondo vissuto a corte per un giorno soltanto, e per il resto della vita rinchiuso dal padre nella torre, cosa crederà reale, e cosa crederà sogno?). Per i distratti, “Tron” raccontava le gesta di Kevin Flynn, programmatore di videogiochi intrappolato nella sua invenzione più riuscita. “Tron Legacy” ricomincia dalla favola della buonanotte che Kevin racconta al figlio Sam (corredata di pupazzetti originali), per poi dileguarsi nella notte. Il figlio cresciuto – con buone doti da hacker, e la stessa filosofia libertaria del padre – riceve un messaggio da un numero non più in uso da vent'anni e si rituffa nell'universo parallelo dei videogiochi. Per la seconda volta ci tocca scoprire che esistono programmi ribelli che vogliono la libertà. Il resto sono motociclette, inseguimenti, dischi assassini, programmi di computer che ringiovaniscono Jeff Bridges. Con effetti più comici che drammatici.
Il Foglio sportivo - in corpore sano