IL GIOIELLINO

Mariarosa Mancuso

    Credibilità zero. Per quale motivo la magnifica nipote del capo, sbarcata in azienda dopo un master internazionale, al primo viaggio di lavoro negli Stati Uniti deve rotolarsi nel letto con il ragioniere della ditta? Uno che solitamente fa tardi in ufficio per sbrigare le ultime pratiche (contabili ma anche scoperecce, con la segretaria) e risulta privo di qualsivoglia fascino. A meno che per fascino non si voglia intendere un pessimo carattere, la mancanza di spirito, l'assenza di conversazione e le rughe di Toni Servillo sempre illuminate dal direttore della fotografia Luca Bigazzi come se fossero il grand canyon, o un plastico del cervello umano. Lui glielo chiede, e vabbè. Ma perché lei ci sta? E neanche una volta soltanto. Poi gli chiederà: “Fermati a dormire”, che nel catalogo delle scene telefonate significa: “Lei comincia ad amarlo”. Ipotesi numero uno: è cosa nota e universalmente riconosciuta che ogni bella venticinquenne cerchi un amante anzianotto e noioso (qui, pure con l'aggravante che lei è più ricca di lui). Ipotesi numero due: bisognava mettere una leggiadra presenza accanto a Toni Servillo, mica tutti hanno voglia di ammirare esercizi di recitazione corrucciata per due ore di film. Ipotesi numero tre: poiché la scena avviene a New York – dove lei parla inglese meglio di lui, che lo ha imparato con le cassette, e pensa che le donne in fabbrica siano una sciagura – bisognava ristabilire le giuste gerarchie. Ipotesi numero quattro: allo zio ex salumiere e ora industriale del latte, ammanicato con gli onorevoli e i monsignori, la ragazza preferisce il profumo dell'onestà che emana l'integerrimo ragioniere. Restiamo in attesa di una risposta, per cui anticipatamente ringraziamo (almeno gli sceneggiatori dovrebbero sapere perché un certo personaggio fa una certa cosa, anche se dalle immagini sullo schermo non si capisce). “Il gioiellino” ricorda la vicenda Parmalat (la ditta del film produce latte, succhi, merendine, e soprattutto valori, si vanta il padrone) e va un po' più veloce di “La ragazza del lago”. Non abbastanza per impedire agli attori di recitare all'italiana. Vale a dire: lento avviarsi verso il luogo dove la battuta verrà pronunciata, lunga pausa, sguardo all'interlocutore, altra pausa, giro intorno alla scrivania o altra mobilia, pausa e respiro profondo, frasetta scandita da punti e virgola.