RANGO

Mariarosa Mancuso

    I camaleonti si stanno facendo notare. Ne aveva uno per amico la principessina perduta Rapunzel, in “L'intreccio della torre”. Era Raperonzolo chiusa nella torre con le trecce da usare come scaletta, per i bambini nati prima dell'iPad: ma nella fiaba mancava il delizioso Pascal, invenzione della Disney. Il camaleonte Rango vive in un terrario e coltiva altre ambizioni. Vorrebbe recitare in un film di cappa e spada, salvando una bella Dulcinea dai cattivi che la tengono prigioniera (la superiorità delle pellicole d'animazione sugli esercizi d'autore sta nel fatto che i primi citano tutto quel che c'è da citare, e conoscono tutto quel che c'è da conoscere, senza farlo pesare mai). Dopo un incidente, il lucertolone dagli occhi sporgenti si ritrova nel deserto con un pesce giallo e una camiciola a fiori imparentata con il guardaroba di Johnny Depp in “Paura e delirio a Las Vegas”, tratto dai libri di Hunter S. Thompson e diretto da Terry Gilliam (prima del disastro donchisciottesco). Il regista Gore Verbinski sa cavar sangue dalle rape. Prima di lui, “I pirati dei Caraibi” era solo un'attrazione disneylandiana, neppure tra le più frequentate. Jack Sparrow con la sua bandana non esisteva (Johnny Depp gli rende il servizio doppiando Rango nella versione originale) Figuriamoci cosa riesce a ricavare da un camaleonte con il temperamento da eroe, e una fortuna sfacciata che lo libera dal primo nemico. La cittadina da western si chiama Polvere, gli sceriffi durano da giovedì al sabato (c'è scritto sulla tomba, assieme alla mesta sigla R.I.P, requiescat in pace), l'acqua preziosa si tiene in banca, una schiera di cattivi puzzoni minaccia gli abitanti, altrettanto puzzoni ma dal cuore buono. Diciamo acqua e pensiamo a “Chinatown”. Diciamo duello tra pistoleri e pensiamo a Sergio Leone con i suoi spaghetti western (alla Berlinale abbiamo scoperto che i tedeschi, per il solo consumo interno, avevano inventato gli “spaetzle western”, dal nome degli gnocchetti che fan da contorno). Diciamo parodia e pensiamo a “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” di Mel Brooks con Gene Wilder, uno dei film conservati alla Biblioteca del Congresso. Serpenti a sonagli, topoline, armadilli, iguane, tartarugoni e cani della prateria si distribuiscono i ruoli dei vari cattivi, dello sceriffo, della damigella. I pipistrelli giocano a “Apocalipse Now”. Quattro amabili gufetti fanno da coro, con il cappello da mariachi.