NESSUNO MI PUO' GIUDICARE

Mariarosa Mancuso

    Bianchi e neri tutti uguali? Bianchi e neri tutti uguali? Ma che, siamo in un film di Nanni Moretti? Ve lo meritate Nanni Moretti”. Si son sentite parecchie risate anche alla proiezione stampa, luogo dove si ride di rado (non sta bene, siamo qui per lavorare, al massimo si sorride compostamente: per questo Checco Zalone e Gennaro Nunziante, dopo l'anteprima milanese di “Che bella giornata”, erano disperati e convinti che il film non avrebbe incassato una lira). Risate liberatorie, sembravano a orecchio. Non totalmente rispettose verso il maestro che in “Bianca” tracciò la strada, e che a sua volta era stato pochissimo rispettoso verso Alberto Sordi: “Rossi e neri tutti uguali? Ma che, siamo in un film di Alberto Sordi? Ve lo meritate Alberto Sordi”. Dopo aver gettato il sasso, e avere osato punzecchiare l'intoccabile, il regista Massimiliano Bruno, il supervisore alla sceneggiatura Fausto Brizzi e l'attore Rocco Papaleo, portinaio in canottiera che pronuncia la battuta, minimizzano: “Va inteso come un omaggio a Moretti, ma cosa andate a pensare”. A dispetto delle banalità da conferenza stampa, “Nessuno mi può giudicare” è una commedia molto divertente. Grazie a Paola Cortellesi, che non sbaglia un colpo anche se in certe scene sembra non aver fatto neppure una prova (neppure le hanno fatte l'operatore e il datore luci). Rimasta vedova di un marito che fabbricava impianti sanitari – nome della ditta “Chicago”, ultima invenzione il gabinetto matrimoniale, due tazze affiancate e il nome di battaglia “BiSogno” – e che l'ha lasciata carica di debiti, comincia a fare la escort. Non che sia facile, spiega la ragazza che la istruisce – l'attrice è Anna Foglietta, merita la citazione e altri ruoli in un cinema avaro di donne non isteriche – e le procura i primi clienti: il masochista, il bassetto con le maniglie dell'amore vestito da Superman, e altri disadattati (i clienti veramente danarosi arriveranno dopo il rodaggio). Grazie al portiere razzista e all'ex cameriere che le procura un localetto al Quarticciolo, curandola dalla puzza sotto il naso (fin troppo: difenderà un cameriere credendolo straniero, per sentirsi dire: “Ma signora, io sono italiano”). Grazie a Riccardo Rossi che fa una specie di dottor Stranamore, e irrompe in periferia con Fausto Leali. Perfino Raoul Bova ha le battute e il personaggio giusto, senza magliette sbracciate e mosse da gay.

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