SOTTO IL VESTITO NIENTE

Mariarosa Mancuso

    Motivi per cui il nuovo “Sotto il vestito niente” (25 anni dopo la Milano-da-bere edition) diventerà un film di culto immediato, senza attendere l'invito alla retrospettiva della mostra di Venezia del 2050. Naturalmente, tali motivi non hanno nulla a che fare con la velina fornita dal regista medesimo con l'umile titolo “note cinefile”: suggerimenti ai critici in momentanea crisi di orientamento, ovvero “il mio film ruba ad Alfred Hitchcock, a Brian De Palma, a qualche giallista venuto dal nord”. Anche a Otto Preminger, prima che la scena fosse tagliata in fase di montaggio: qui abbiamo avuto un brivido, ammirando per la prima volta il citazionismo applicato a scene sparite dal film, in dirittura d'arrivo negli extra del dvd. L'ultimo film dei Vanzina Brothers è già di culto – e non solo per noi – per la più fantastica collezione di pianti recitati da attori “buona la prima” (non osiamo pensare neppure lontanamente che non siano padroni dei propri mezzi). E' già di culto perché Mario Cordova, nella parte di Max Liverani (socio dello stilista Marinoni, simpatico come un calcio nei denti), fa del suo meglio per imitare Toni Servillo nella “Ragazza del lago”, allungando le pause e impostando la voce come insegnano alla filodrammatica. E' già di culto per una clamorosa scelta di cast “against type”: Ernesto Mahieux, l'imbalsamatore nel film di Matteo Garrone, fa qui il giornalista di moda. Temutissimo. Con addosso una sciarpetta e un cappottino che non lo farebbero entrare neppure all'albergo dei poveri, figuriamoci a una sfilata. E' già di culto per la battuta “Una modella ha un solo vero amico, lo specchio”. E per la battuta: “Io non uccido, io creo”. E per la battuta “Un grande amore, oppure un grande rimorso”. E' già di culto perché da troppo tempo non vedevamo un pedinamento con il poliziotto che si nasconde dietro la Gazzetta dello Sport (omaggio a François Truffaut). E' già di culto per una scena nella serra, con uso improprio di pala (omaggio ai fantasmi scarmigliati nei film giapponesi). E' già di culto per il whisky sullo specchio e la benzina sul selciato. E vince il premio per spreco di attor giovane. Vincenzo Zampa, in “The History Boys” di Alan Bennett (regia di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni), era un mostro di bravura. Cantava canzoni Barbra Streisand dal vivo, senza accompagnamento. Qui dice “sì commissario, no commissario” e poco altro.