CAPPUCCETTO ROSSO SANGUE

Mariarosa Mancuso

    Amanda Seyfried ha gli occhi più acquosi che sia dato di vedere al cinema. Non lo si notava tanto in “Mamma mia!”, dove era la figlia di Meryl Streep e di padre molto incerto: i tre venivano convocati sull'isoletta greca per ripassare il repertorio degli Abba e capire chi aveva il diritto di accompagnarla all'altare. Si notava di più in “Chloe”, remake firmato Atom Egoyan di un film francese con Emmanuelle Béart: la biondina era la manipolatrice, contro la rossa Julianne Moore che era l'ingenua. Si notano solo gli occhioni a frittella in “Cappuccetto rosso sangue”, anche perché lo spettatore non ha altro da fare. Il patto “stupiscimi, fammi divertire, raccontami una storia”, è infranto fin dalle prime scene, paesaggi dell'Oregon e ragazzini che per diletto sgozzano candidi conigli. Quindi lo spettatore ripassa Guido Gozzano, e pensa che il colore esatto degli occhioni sgranati dalla ragazza sia “azzurro, d'un azzurro di stoviglia” (poi va a leggere Manohla Dargis sul New York Times, e si imbatte nella formula “saucer eyes”, dove “saucer” è il piattino sotto la tazza). Catherine Hardwicke applica a Cappuccetto Rosso l'opzione Angela Carter nei racconti “La camera di sangue”: fiabe rivoltate, dove le fanciulle si prendono qualche rivincita. Sono tante Belle in cerca di una Bestia, con tutti i sottintesi del caso (non solo, ovviamente, la bellezza interiore: nelle storie di Angela Carter le ragazze sono desideranti e guerriere, al grido di: “La favola è mia e me la gestisco io”). Probabilmente Catherine Hardwicke ha letto anche Marina Warner, “From the Beast to the Blonde”, senza trarne profitto. Come non trae profitto dalle belle storie di adolescenti strane e coraggiose che aveva diretto prima di “Twilight”: “Thirteen” e “Nativity”. Gli abitanti del villaggio sacrificano maialini ai lupi, i lupi ogni tanto si prendono una vergine, stufi di essere ridotti al vegetarianesimo del vampiro Edward Cullen. A far le veci di Robert Pattinson è Shiloh Fernandez, caruccio come promette il nome (soltanto ci chiediamo: dove troverà nella foresta tutto quel gel che gli modella il ciuffo?). Julie Christie fa la nonna, vestita e spettinata come una strega. La mamma è Virginia Madsen – la bella con l'impermeabile in “Radio America” di Robert Altman. Gary Oldman è padre Solomon. Un elefante fa da strumento di tortura. Il lupo mannaro lo fornisce la fabbrica dei peluche.