ANGÈLE E TONY

Mariarosa Mancuso

    Il difficile è mandarvi a vederlo – ne vale la pena – senza rovinare il piacere della sorpresa. “Angèle e Tony” appartiene al genere “un ragazzo incontra una ragazza”. Così direbbe Alfred Hitchcock, che malignamente raccontava la storiella di uno sceneggiatore convinto che in sogno gli venissero idee sublimi, tanto che si svegliava per l'emozione. Purtroppo al mattino non ne ricordava nessuna. Mise dunque un quadernetto sul comodino, per prendere nota dell'idea fuggente. Prese l'appunto. Al mattino riaprì il taccuino e vide che c'era scritto: “Ragazzo si innamora di una ragazza” (serve per rintuzzare le chiacchiere di quelli convinti che le idee abbiano lo stesso ciclo naturale del fungo dopo la pioggia, e anche a tutti quelli convinti di avere in mente romanzi meravigliosi – se solo avessi il tempo di raccontare la mia vita; peccato che quando li mettono sulla carta sono banalissimi). Non vuol dire che “ragazzo incontra ragazza” non sia uno splendido tema, in mano a una regista brava come Alix Delaporte (prima faceva la giornalista alla tv: i francesi saranno anche “italiani di cattivo umore”, ma il merito lo sanno premiare). Siamo in Normandia, il goffo e grassoccio Tony fa il pescatore di sogliole. Primo sospiro di sollievo: anche il cinema francese, come quello italiano, spesso si incaglia tra architetti e scrittori, mai qualcuno che tiri su un muretto. La bella Angèle tace sul suo passato, ed è piuttosto scostante. Primo incontro: tramite annuncio per cuori solitari. E siamo daccapo, con il problema di prima: due sfigati che si incontrano, in un film francese dove neanche si vede Parigi (e non c'è mai neppure il sole, per essere precisi). Perché mai bisognerebbe andarlo a vedere? Per esempio, per vedere recitare Clotilde Hesmé e Grégory Gadebois (lui viene dalla Comédie-Française, ma sembra abbia pescato sogliole tutta la vita). Due che sanno cambiare non solo l'espressione, ma addirittura i lineamenti. Per esempio, per ammirare la naturalezza di un film ben costruito, dove però da nessuna parte si vedono le impalcature. Sembra la vita come viene, e non sapete quanta fatica si faccia a riprodurla in un film. Meno interessante e riuscito l'altro film francese della settimana. “Noi, insieme, adesso – Bus Palladium” di Christopher Tompson racconta – con molta autobiografia – un gruppo di ragazzini rockettari a Parigi negli anni Ottanta.