I GUARDIANI DEL DESTINO
Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare”. Le parole usate da Virgilio per zittire Caronte inferocito incorniciano “I guardiani del destino”, fantascienza metafisica ispirata a Philip Dick. Assieme all'idea dell'universo-orologio, rubata a Cartesio e a Newton: un meccanismo così complicato e ingegnoso che presuppone l'esistenza di un Dio orologiaio (se poi la carica fosse stata data una volta per tutte, o il supremo artigiano dovesse ogni tanto intervenire con la manovella, o aggiustare qua e là qualche rotella consumata, è faccenda che ha occupato altri filosofi). “The Adjustment Bureau” è il titolo del racconto originale, pubblicato da Fanucci nella raccolta “I guardiani del destino” assieme a “Paycheck” e “Minority Report”, già saccheggiati dal cinema. Difficile resistere, in effetti: tra romanzi e racconti, non c'è Grande Problema Filosofico che Dick non abbia elegantemente rilavorato, ambientandolo nella provincia americana o nel futuro. Dalla memoria alla realtà, dalla giustizia agli universi alternativi, passando per l'etica, non ha trascurato nulla di quel che affatica la mente dei filosofi. Senza affaticare la mente dei suoi lettori. “I guardiani del destino” sulla carta è una gran bella storia, svelta e misteriosa. Erano letture di serie B, ma si capiva tutto ugualmente. Non come adesso che qualunque film di supereroi sente il dovere di autocommentarsi: sono mutanti, stanno per i diversi della terra, ora li schedano, poi li metteranno in campo di concentramento. Le due ore del film scritto e diretto da George Nolfi (lo sceneggiatore di “Ocean's Twelve” e “The Bourne Ultimatum”) sono un po' lunghe da riempire mantenendo la stessa tensione: certi giochi di prestigio riescono solo a gran velocità. Quindi si applica la lezione di “Inception” e prima ancora di “Matrix”: molta azione e porte che si aprono sullo spazio-tempo. Matt Damon è in corsa per il Senato degli Stati Uniti, ostacolata dal suo carattere irascibile. Costretto ad abbandonare, in un bagno del Waldorf incontra Emily Blunt, inseguita dalla sicurezza dell'albergo perché era arrivata senza invito a una festa di matrimonio. L'incontro non faceva parte del piano, una serie di uomini con il cappello cercano di impedire che i piccioncini sfuggano al controllo, combinando un secondo appuntamento. Matt Damon invoca il libero arbitrio.
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