THE CONSPIRATOR

Mariarosa Mancuso

    Lo sceneggiatore James Salomon ha fatto ricerche sull'assassinio di Abraham Lincoln per quattordici anni. Imputiamo quindi a Robert Redford la fissazione per i collegamenti tra passato e presente. Se chiudiamo gli occhi, se non vediamo i costumi e le barbe ottocentesche, se non facciamo troppo caso al linguaggio ormai démodé, sembra di ascoltare le discussioni su Guantanamo, sul Patriot Act, sulla guerra al terrorismo, sulla cattura di Osama bin Laden. Nessun dettaglio o battuta di dialogo che poteva funzionare come lezione sulla politica e la giustizia viene trascurato, nella ricostruzione del processo a Mary Suratt. Lei la cospiratrice del titolo, implicata nell'assassinio di Abraham Lincoln, che tre giorni prima di morire aveva avuto un brutto presentimento, sognò che c'era un cadavere alla Casa Bianca coperto da un lenzuolo, quando chiese il nome gli sussurrarono: “Il presidente”. Sparò a Lincoln, nel suo palco a teatro mentre la guardia del corpo beveva all'osteria, l'attore John Wilkes Booth, dopo aver scelto con cura la battuta della commedia su cui premere il grilletto: le risate avrebbero fatto da silenziatore. Si riuniva con i complici (il complotto era più esteso, e non sapevano decidersi tra rapimento o morte) nella pensione della vedova Suratt. Il film comincia sugli orrori della Guerra di Secessione, tanto per entrare in atmosfera. Uno dei cospiratori fa perdere le sue tracce, e guarda caso si tratta del figlio dell'impassibile Mary Suratt (Robin Wright  ex signora Penn, senza trucco apparente). La rabbia era al massimo, si decise che gli imputati sarebbero stati giudicati da un tribunale militare. In nome del giusto processo, da garantire anche ai propri peggiori nemici, si mobilita Tom Wilkinson, nella parte del senatore sudista Reverdy Jones, cedendo subito l'incarico al socio nordista Frederik Aiken: James McAvoy, bravo come sempre, e l'unico di tutto il cast non impacciato da abiti, cappello, barba. Purtroppo il regista ama il sole che entra di sbieco nelle celle buie, e sistema sempre l'avvocato nel cono di luce della finestrella. Non è imbarazzante come il Robert Redford di “Leoni per agnelli”: tutto merito del legal thriller e degli interrogatori che sempre un po' avvincono. Il presidente che abolì la schiavitù tornerà prossimamente sugli schermi in “Abraham Lincoln – The Vampire Hunter” diretto dal russo Timur Bekmambetov.